Europa a rischio recessione

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Che l’estate per l’economia e la politica italiana sarebbe stata la calda vigilia di un autunno bollente era prevedibile. Che qualcosa del genere potesse capitare anche in Europa era probabile; meno prevedibile che la tempesta interessasse l’intero pianeta, al punto dal far pensare ad un rischio recessione, come – e peggio – di tre anni fa quando la crescita di molte economie si presentಠcon il segno meno. Accadde all’Italia e non solo: alto fu il tributo che a quel segno meno pagarono i lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. Negli USA persero il lavoro otto milioni di persone, in Italia centinaia di migliaia e in Europa la disoccupazione si bloccಠattorno al 10%.
Si trattಠper molti di un dramma, ma ancora temperato in Italia dalle risorse disponibili per la Cassa integrazione e con la Banca Centrale Europea (BCE) e la Federal Reserve americana (FED) ancora in grado di immettere liquiditࠠ sul mercato o di tenere i tassi di interesse al minimo per non gelare la debole crescita che sembrava annunciarsi.
Oggi la situazione si presenta più difficile: in Italia le casse dello Stato sono vuote e non si vede da dove potranno venire le risorse per ammortizzatori e servizi sociali adeguati, la crescita è ferma ed è salita solo l’inflazione che ha spinto la BCE ad alzare i tassi di interesse contribuendo così ad aumentare il debito pubblico italiano che ha superato la soglia dei 1900 miliardi di euro con un costo annuo per gli interessi di 80 miliardi di euro e che, senza crescita, non sarà   possibile ridurre.
A complicare ulteriormente la situazione concorrono da una parte le incertezze dell’economia USA lontana dalla crescita preventivata del 3% e quella della Germania in condizioni analoghe e, dall’altra, la contrazione dei grandi mercati emergenti, come Cina e Brasile, destinatari delle esportazioni europee, e tedesche in particolare.
Questa, a grandi tratti, la fotografia dell’economia alla vigilia della ripresa autunnale e il contesto nel quale l’Italia e l’Europa sono chiamate ad intervenire. Una fotografia che non registra, come dovrebbe, le molte instabilità   politiche che pesano anche sulle prospettive di sviluppo mondiali, a cominciare dai barcollanti regimi libico e siriano fino alla ripresa del conflitto israelo-palestinese e l’incerto esito della rivoluzione egiziana, per non parlare – e difatti poco se ne parla e ancor meno si fa – dell’infinita tragedia del Corno d’Africa.
Lasciamo per ora da parte l’Italia e la sua manovra da 45, e forse più, miliardi: troppo sconclusionato è stato il suo impianto iniziale e discutibile l’enfasi messa sulla riduzione del deficit piuttosto che su quella del debito pubblico, i cui costi aumenterebbero anche con un deficit annuale sotto controllo. Vedremo a settembre quali saranno gli esiti del confuso dibattito in corso.
Guardiamo invece ancora una volta all’Europa. Dopo il vertice dello scorso 21 luglio – troppo rapidamente definito «storico» – si è aggiunta confusione a confusione, con le Istituzioni europee finite nel corto-circuito franco-tedesco, innescato più da motivi elettorali nazionali che da nuovi progetti di rilancio europeo.
Si è cominciato a metà   agosto con una serie di «commissariamenti» a cascata: da Barack Obama, preoccupato per il suo debito pubblico e per quelli europei, su Angela Merkel e Nicolas Sarkozy; da questi sulla BCE perchà© intervenisse a sostegno dei titoli di Stato di Spagna e Portogallo e dalla BCE sull’Italia perchà© mettesse mano a una nuova manovra in grado di anticipare il risanamento dei conti pubblici italiani. Non contento, il direttorio franco-tedesco si è rivisto dopo Ferragosto con la pretesa di dare un’ulteriore sterzata al coordinamento dell’economia europea, attribuendosene la competenza e dettandone le regole, fino a prevedere l’esclusione dei Paesi in difficoltà   dall’accesso ai Fondi europei ed escludendo, almeno per ora, la creazione di euro-bond, una proposta che fece Jacques Delors negli anni ’90, ben prima della sospetta «conversione europea» del ministro Giulio Tremonti. Sola concessione a una teorica – e di là   da venire – solidarietà  , il rilancio di una tassa sulle transazioni finanziarie, a prima vista più una strizzatina d’occhio ai propri elettori indignati per la disinvoltura delle banche e la rapacità   dei cosiddetti «mercati» ai quali bisognerà   pure un giorno dare nomi e cognomi.
Come si vede, una grande confusione sotto i cieli, con le Istituzioni europee allegramente scavalcate e due Paesi che tentano di riempirne il vuoto con esiti finora tutt’altro che felici, con rischi crescenti per l’euro e la sopravvivenza dell’UE, grazie ad una confusione istituzionale che rende difficile sapere chi è responsabile di che cosa.
L’Europa degli anni ’50 ha ormai dato tutto quello che poteva dare, adesso è arrivata al capolinea e deve ripensarsi a fondo per rispondere al nuovo mondo che ha dinanzi. àƒÆ’à¢â‚¬° bene che smetta di essere l’Europa-tartaruga di questi ultimi anni e che provi a correre, prima che sia troppo tardi e vada a fondo, portandosi dietro le importanti conquiste realizzate nei suoi sessant’anni di vita.

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