Balletto di cifre ad agosto

862

Agosto è notoriamente un mese difficile per i giornali e farsi leggere è un’impresa. Per chi non si abbassa a spargere veleni e ad inquinare una democrazia già   sufficientemente fragile e per chi non punta tutto sui gossip estivi di veline e dintorni, restano gli spazi dei disastri naturali – questi purtroppo seri -, le numerose pagine dedicate alla scomparsa di un ex-presidente della Repubblica e le cifre allarmanti della crisi economica.
Su questo versante, i giornali d’agosto ci hanno rifilato un balletto di cifre di un’economia nervosa e difficile da interpretare.
L’allarme è venuto da oltre-Atlantico, con la sorpresa dell’aggravamento della disoccupazione e l’immediato effetto sulle borse mondiali di nuovo in pesante caduta. Da Bruxelles le notizie sembravano più rassicuranti su una buona ripresa della crescita in Europa, ma da Francoforte – sede della Banca Centrale Europea – ci hanno subito avvertito che la ripresa era fragile e sarebbe comunque stata discontinua. A ridarci coraggio ci pensava Berlino, annunciando che la locomotiva tedesca aveva ripreso a tirare con una previsione di crescita annuale attorno al 3%, il miglior risultato dai tempi della riunificazione. Ci eravamo appena un po’ rinfrancati quando è arrivata la doccia fredda sull’economia europea a due velocità   che rischia di spaccare l’Unione in due: a nord segnali robusti di ripresa, a sud ancora recessione – come in Grecia e Spagna – o deboli segnali di ripresa come in Italia, con appena una crescita dello 0.4% nel secondo trimestre, accompagnata perಠda uno scatto dell’inflazione dell’1,7% (va peggio nel Regno Unito con un’inflazione del 3,2%, ma in presenza di una crescita tre volte superiore a quella italiana). Brutte notizie confermate anche da Parigi, dove l’OCSE prevede per l’economia italiana nei prossimi mesi seri rischi di flessione e con molti osservatori che paventano un possibile ritorno della recessione.
Così va dunque l’economia, con un balletto di cifre che molti nostri politici manipolano con disinvoltura, più per rassicurarci che non per aiutarci a capire la situazione reale.
Una situazione reale che disegnano altri dati, sempre di agosto, sulle condizioni sociali che viviamo – e continueremo a vivere – in un’Europa che ha superato il mezzo miliardo di abitanti, con un forte aumento degli anziani e la previsione che nel 2015 i morti supereranno i neonati.
Intanto nell’UE il tasso di occupazione, dopo anni di continuo aumento, è tornato a diminuire dal 2008 ad oggi mentre la disoccupazione continua ad attestarsi attorno al 10%. Tra gli occupati aumentano i lavoratori anziani, con quasi 10 punti in più rispetto al 2002: segnale positivo per il sistema delle pensioni, meno per quanto riguarda la disoccupazione giovanile in crescita, oggi attorno a valori del 25%.
Ma anche sul tema «anziani» i dati mandano segnali inquietanti: da una parte crescono in quella fascia di età   le situazioni di indigenza e, dall’altra, scricchiolano pericolosamente i sistemi pensionistici.
Sempre in agosto, da Strasburgo, il Consiglio d’Europa denuncia le troppe persone anziane che in Europa vivono in condizioni di «completa indigenza», con i programmi di austerità   dei governi che rischiano di peggiorarne ulteriormente la situazione. L’avvertimento ha il pregio della chiarezza: «Non è stato ancora pienamente compreso che diverse generazioni rischiano di conoscere la povertà   nel momento in cui raggiungeranno l’età   pensionabile. Gli Stati hanno l’obbligo di vigilare affinchà© le pensioni siano sufficienti per permettere agli anziani di condurre un’esistenza dignitosa».
E qui trova posto un’altra non bella notizia di agosto per l’Italia: la crisi economica e la recessione che abbiamo conosciuto (con una caduta del Prodotto Interno Lordo del 6,3% tra il 2008 e il 2009) ha anticipato di 25 anni il picco della spesa previdenziale e adesso, perchà© il sistema pensionistico resti sostenibile negli anni a venire, occorrerebbero tassi di crescita vicini al 3,5%, livelli che nemmeno i nostri più scriteriati demagoghi osano pronosticare.
A tutto questo dovrebbero fin d’ora riflettere i ventenni di oggi attesi da salari modesti e che nel 2060, secondo le previsioni della Commissione Europea, avranno in Italia – se l’avranno – una pensione pari al 47% dell’ultimo stipendio.
Altrochà© appassionarsi per le case di Montecarlo e i veleni della politica nostrana, in particolare di quella parte impegnata a demolire la Costituzione e a cavalcare la paura degli immigrati, piuttosto che a governare affrontando una crisi economica che non finisce di finire, rispondendo ai problemi che si addensano sul nostro Paese. Un Paese che ha oggi urgenza di tutto, meno che di andare ad elezioni anticipate con una legge elettorale fatta per proteggere una sedicente classe dirigente, che da troppo tempo dirige soltanto la propria riproduzione e, spesso, i propri affari.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here