Trattato e crisi al centro del Consiglio Europeo

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Garanzie giuridiche all’Irlanda per un nuovo referendum sul Trattato di Lisbona, designazione del presidente della Commissione Europea, politica estera, immigrazione, clima e crisi nei suoi aspetti economico-finanziari e sociali sono stati i punti discussi durante il Consiglio Europeo svoltosi a Bruxelles.
Sulla situazione dell’Irlanda, la cui approvazione del Trattato di Lisbona è necessaria per l’entrata in vigore, il Consiglio Europeo ha convenuto che le preoccupazioni irlandesi sulla politica fiscale, il diritto alla vita, l’istruzione e la famiglia, nonchà© la politica tradizionale di neutralità   militare dell’Irlanda «saranno affrontate con reciproca soddisfazione dell’Irlanda e degli altri Stati membri nel rispetto delle necessarie garanzie giuridiche», così come «sarà   ribadita la grande importanza attribuita ad una serie di questioni sociali, diritti dei lavoratori compresi». Al proposito è stato adottato un protocollo specifico, allegato alle conclusioni del Vertice, che entrerà   in vigore col nuovo Trattato.
I capi di Stato e di governo hanno poi trovato un accordo all’unanimità   per designare Josà© Manuel Barroso a un nuovo mandato in qualità   di presidente della Commissione Europea per il periodo 2009-2014: i primi ministri ceco e svedese, presidenti attuale ed entrante del Consiglio Europeo, terranno discussioni con il Parlamento Europeo per determinare se l’Europarlamento è in grado di approvare la designazione nella seduta plenaria di luglio.
Per quanto riguarda le modalità   per affrontare «la recessione più profonda e più estesa del dopoguerra», il Consiglio ritiene «essenziale che l’UE continui a sviluppare ed attuare le misure necessarie» basandosi sui risultati conseguiti negli ultimi mesi, con un sostegno finanziario complessivo di circa il 5% del PIL nel 2009/2010. Il Consiglio Europeo ha ribadito il suo impegno a favore di finanze pubbliche sane e del Patto di stabilità   e crescita: «L’evoluzione futura resta incerta; (à¢à¢â€š¬à‚¦) il Consiglio ribadisce la determinazione a fare il necessario per ripristinare posti di lavoro e crescita. àˆ importante che il risanamento vada di pari passo con la ripresa economica. Si avverte chiaramente la necessità   di una strategia d’uscita affidabile e credibile, tra l’altro migliorando il quadro di bilancio a medio termine e attraverso politiche economiche a medio termine coordinate». La lotta alla disoccupazione «resta una priorità   fondamentale» dichiarano i leader politici europei, secondo i quali l’UE ha un ruolo importante per assicurare che le misure adottate siano «coordinate, sinergiche e conformi alle norme del mercato unico», senza dimenticare la necessità   di «salvaguardare e rafforzare ulteriormente la protezione sociale, la coesione sociale e i diritti dei lavoratori».
In materia di immigrazione illegale, il Consiglio Europeo ritiene «essenziale una risposta europea determinata, ispirata ai principi di fermezza, solidarietà   e responsabilità   condivisa», in linea con il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo e con l’approccio globale in materia di migrazione, «di cui occorre accelerare l’attuazione, specie per quanto riguarda la cooperazione con i Paesi di origine e di transito». Un appello è rivolto poi a livello mondiale affinchà© sia raggiunto un accordo globale e ambizioso alla Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici, perchà© «è giunto il momento che la comunità   internazionale attui gli impegni necessari per contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2àƒâ€šà‚ºC».
Sul ruolo dell’UE a livello mondiale, i leader europei hanno ribadito l’importanza strategica delle relazioni transatlantiche, hanno accolto con soddisfazione l’avvio del partenariato orientale e hanno sottolineato che il processo di pace in Medio Oriente resta «una priorità   fondamentale per l’UE nel 2009». Così come è ritenuto importante contribuire alla stabilità   e alla sicurezza in Afghanistan, in Pakistan e nella regione nel suo complesso, con particolare attenzione agli eventi iraniani, mentre è stato chiesto al regime birmano «il rilascio immediato e incondizionato di Aun San Suu Kyi».

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