Iran, incidente mortale per il Presidente Raisi

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Era in viaggio di ritorno dall’inaugurazione di una diga con il Presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev, accompagnato dal Ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian e da altri alti dignitari del potente establishment della Repubblica islamica. A bordo di un obsoleto elicottero e in condizioni metereologiche particolarmente difficili, il Presidente dell’Iran Raisi è stato vittima di un incidente che gli è costato la vita. Questa ad oggi, dopo smentite e conferme caotiche, l’ultima versione ufficiale dell’incidente da parte di Teheran.

Una versione accompagnata da dichiarazioni rassicuranti da parte del Governo, che ha tenuto a esortare gli iraniani a “non preoccuparsi” e a rassicurare che “non ci sarebbero state perturbazioni nell’amministrazione del Paese”.

Questo incidente interviene tuttavia in una fase delicata per l’Iran, sia dal punto di vista della politica interna che da quello del ruolo dell’Iran sulla scena regionale, attore di rilievo in un Medio Oriente oggi fortemente scosso da tante linee di frattura politiche e religiose e in particolare dalla guerra fra Israele e Hamas.

Sul piano interno, occorre innanzitutto inquadrare la figura del Presidente Raisi, religioso ultra conservatore, al potere dal 2021 in un contesto politico segnato da forti contestazioni, mai sopite, dovute all’uccisione di Masha Amini da parte della “polizia morale” e alle conseguenti violente repressioni esercitate sulla società civile; un contesto segnato anche da una severa crisi economica e da un’inflazione che si aggira sul 40%, da sanzioni economiche imposte da USA e Unione Europea e, infine, da un corsa verso il nucleare militare che continua a destare preoccupazione in seno alla comunità internazionale e all’AIEA (Agenzia internazionale dell’energia atomica). 

La morte del Presidente Raisi non sembra tuttavia colpire il cuore profondo del regime islamico, nato nel 1979 e oggi saldamente in mano alla Guida suprema Alì Khamenei e al corpo dei Guardiani della Rivoluzione, un potere nel quale il Presidente si era coerentemente inserito a garanzia di una solida e indiscutibile continuità. Non solo, ma il Presidente Raisi era considerato un candidato possibile e utile alla successione della Guida suprema, il quale, vista l’età, non gode di ottima salute. 

Secondo la Costituzione ora il Governo dovrà indire nuove elezioni presidenziali entro i prossimi cinquanta giorni, tempo contato per un regime che nelle precedenti elezioni aveva scartato qualsiasi candidatura moderata o riformista per garantire tutti gli spazi di manovra ai conservatori. E, a riprova che la morte del Presidente non permette di immaginare cambiamenti o aperture al riguardo è il fatto che i prossimi candidati, certamente già individuati, dovranno ottenere l’approvazione dei Guardiani della rivoluzione. 

Sul piano esterno, le prossime elezioni si terranno nel contesto ora infuocato del lungo conflitto tra la Repubblica islamica e Israele, un conflitto che al di là della tragedia che si sta consumando fra Israele e Hamas, ha preso proporzioni inedite nello scorso mese di aprile con attacchi diretti sul territorio dei due Paesi, in Iran e in Israele. Una situazione che alimenta l’inquietudine per un’escalation del conflitto e per la sicurezza dell’intera regione. Una prospettiva che la diplomazia cerca di arginare, con tutte le difficoltà derivanti delle molteplici alleanze e divisioni che caratterizzano non solo la regione ma si rispecchiano anche a livello globale.

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