Europa e immigrazione

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Si è fatto un gran parlare in queste ultime settimane delle responsabilità   dell’Europa di fronte ai flussi di migranti sulle coste italiane a seguito delle turbolenze che hanno interessato e continuano a interessare i Paesi del nord Africa.
Si è assistito in proposito a semplificazioni, approssimazioni, se non addirittura a falsificazioni.
Le semplificazioni hanno riguardato, tra l’altro, la complessa articolazione delle responsabilità   di fronte a quanto accaduto, secondo uno schema a scaricabarile del «non tocca a me». Prima all’interno dello Stato: nel governo, tra i ministri degli Esteri e degli Interni con una singolare assenza del ministero per gli Affari sociali, e tra il governo e gli Enti Locali, sui quali con troppa disinvoltura, soprattutto al sud, si è cercato di scaricare il peso dell’emergenza; poi tra l’Italia, gli altri Paesi coinvolti nelle turbolenze in corso, come nel caso della Francia, e le istituzioni internazionali, dall’ONU all’Unione Europea.
Le approssimazioni si sono manifestate fin dalla prima ora: prima a proposito dei numeri dello «tsunami» e dell’impreparazione di fronte ad una vicenda largamente prevedibile, poi con un dispositivo di intervento confuso, fatto più di parole e promesse che di una strategia concreta. Ci sono state le minacce padane, dal «fora di ball» di Umberto Bossi fino all’insana proposta di «eserciti regionali», accompagnate da Roma con misure contraddittorie e relazioni internazionali al limite del surreale, come nel caso delle pseudo-intese con la Tunisia.
A proposito del cosiddetto «tsunami», sono mancati elementari raffronti con situazioni comparabili, non solo per i numeri ben più grandi vissuti in passato dall’Italia senza eccessive drammatizzazioni, come nel caso dei flussi dai Balcani e dal Kosovo in particolare, ma anche per i numeri di richiedenti asilo in altri Paesi europei: nel 2010 sono stati 51.600 in Francia, 48.500 in Germania, 26.100 nel piccolo Belgio e 10.100 in Italia. Complessivamente nell’UE vi è stata una media di 515 richiedenti asilo per milione di abitanti contro i 165 dell’ Italia. àƒÆ’à¢â‚¬° probabile che anche questi numeri, insieme con la scarsa credibilità   dei nostri governanti e l’incerta destinazione dei consistenti fondi messi a disposizione dall’UE per l’immigrazione in Italia, abbiano contribuito alla risposta piuttosto tiepida di Bruxelles al nostro ministro dell’Interno.
Anche più gravi, perà², le falsificazioni che hanno riguardato in particolare l’Unione Europea, prima accusata di avere abbandonato l’Italia e poi di non farsi carico dei flussi di migranti.
Si tratta di accuse che possono essere messe in conto solo all’ignoranza o alla malafede. Non è credibile che al ministero dell’Interno – o, nel caso dialogassero tra loro, al ministero degli Esteri – nessuno abbia spiegato al ministro Maroni che, insieme ad altri Paesi, l’Italia (e in essa in particolare proprio la Lega) non ha affidato all’UE la responsabilità   di una politica comune dell’immigrazione, limitandosi ad accordi in materia di politica di asilo: meglio di niente, ma troppo poco in un mondo globalizzato nel quale la mobilità   delle persone è e sarà   la regola e non l’eccezione e dove sarà   bene smettere di invocare emergenze in continuità  .
Ma il problema drammatico di migliaia di migranti e la tragedia dei molti che nel mare hanno perso la vita non si possono liquidare con le (ir)responsabilità   della politica o con il freddo dettato dei Trattati e delle normative europee, che sicuramente sono in ritardo sui tempi e hanno bisogno urgente di una revisione per adattarle alle esigenze del mondo in cui viviamo.
Al di là  , e prima del diritto e della politica, esiste un imperativo etico che impone alle persone e agli Stati – e alle loro articolazioni istituzionali come gli Enti Locali da una parte e l’UE dall’altra – di farsi carico dei diritti umani fondamentali di tutti, a prescindere dalla nazionalità   e dalle condizioni giuridiche, in particolare quando in gioco è la dignità   della persona.
àƒÆ’à¢â‚¬° un obbligo morale di civiltà   per il Paese di origine dei migranti, per il Paese di destinazione, per l’Europa nel suo insieme se vuole onorare la sua Carta dei diritti fondamentali che all’art. 1 recita senza ambiguità  : «La dignità   umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». Poche parole chiare che impegnano tutti coloro che vivono la civiltà   europea : ci sono voluti anni, dal Trattato di Nizza del 2001 ad oggi perchà© quei principi venissero considerati vincolanti con l’entrata in vigore, un anno fa, del Trattato di Lisbona.
Adesso è venuto il momento di applicarli, anche perchà© declamarli soltanto finisce con il renderli poco credibili, oltre che inoperanti

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