In Grecia l’euro al capolinea

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«Tanto tuonಠche piovve», dice il proverbio. In Grecia sta andando peggio, perchà© dopo il tanto tuonare non di pioggia si tratta per la finanza pubblica greca, ma di una tempesta di una violenza eccezionale. Ma forse ancora peggio potrebbe andare per l’euro – in Grecia e negli altri 15 Paesi che lo hanno adottato – se l’Europa tutta insieme non corre velocemente ai ripari.
Il Consiglio Europeo e la riunione dei capi di Stato e di governo della zona euro di fine marzo avevano portato a una fragile soluzione che lasciava intravvedere il rischio incombente di una rottura di solidarietà   europea con esiti funesti per tutti: per la Grecia, per l’Europa e, alla fine, per le nostre tasche.
Adesso ci siamo: un titolo dei giornali di questi giorni. tra tanti simili: «Grecia sull’abisso, paura in Europa». Da chiedersi se ci voleva così tanto a capirlo, talmente il quadro era evidente: o i nostri governanti sono ciechi o confidano spericolatamente nella Provvidenza, che probabilmente ha altri disegni e non ama sostituirsi alle responsabilità   degli uomini e, ancor meno, a quella dei politici, che hanno scelto e sono pagati per perseguire il bene comune.
Ecco, appunto, il bene comune: sicuramente quello della popolazione greca, vittima di politiche dissennate e di truffe sui conti dello Stato ma anche il bene dell’Europa con l’euro sull’orlo del precipizio se l’attacco della speculazione sui mercati dovesse avere il sopravvento e, in un pericoloso gioco di domino, dovesse subito dopo la Grecia travolgere Portogallo, Spagna, Irlanda e, speriamo di sbagliarci, l’Italia. Ma la lista è quella, con i bersagli della speculazione più o meno distanziati e lo sanno tutti, governanti, economisti e, più ancora, gli speculatori che in queste ore tutto hanno in mente, meno che il bene comune.
E allora che fare e quando? Sui tempi non c’è da discutere: subito, perchà© tra qualche giorno potrebbe essere tardi e già   si è perso troppo tempo da quando i segnali del dissesto finanziario erano apparsi chiaramente. Ma si sa, i tempi della politica non hanno il ritmo di quelli dei mercati, senza contare che la politica sembra avere sempre più difficoltà   ad interpretare il bene comune. Del nostro Paese, dove la confusione politica sembra endemica, sappiamo; ma anche altrove non si scherza. àƒÆ’à…  il caso della Germania orfana del marco, del quale ha una pericolosa nostalgia, e candidata alla leadership dell’Europa. Ma guidare l’Europa – e di un forte timoniere c’è un gran bisogno – comporta delle responsabilità   e dei prezzi: quelli chiesti ad Angela Merkel, alla vigilia di importanti consultazioni elettorali in Nord Reno Westfalia il 9 maggio, sono pesanti, quando si sa che la stragrande maggioranza dei tedeschi non vuole pagare per la Grecia e quindi tanto più è da apprezzare l’apertura fatta dalla Germania.
E l’Italia? Certo, defilata com’è nella politica europea, ha meno responsabilità  : bene perಠha fatto il ministro Tremonti a dire che quando la casa del vicino brucia, bisogna aiutarlo a spegnere l’incendio. Adesso bisognerebbe trovasse anche il coraggio di dire agli italiani che il loro contributo per spegnere l’incendio comporta subito l’esborso di 5 miliardi e mezzo di euro e, presto di più, se la situazione greca si aggravasse e se domani l’incendio si propagasse anche il altri Paesi della zona euro. Che è la «nostra» zona, quella del «nostro» euro e non è detto che domani l’incendio non possa essere appiccato anche da noi: speriamo di no ma, se dovesse mai essere, meglio fin d’ora perseguire il bene comune. Perchà©, già   oggi, il bene della Grecia è anche il nostro.

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