Regalo di fine anno della Polonia all’UE

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Non sono rassicuranti i sintomi delle nostre democrazie malate in Europa se si guarda agli ultimi avvenimenti di questi giorni in Austria e Polonia.

Nella vicina Austria il nuovo governo, presieduto dal conservatore orientato a destra, Sebastian Kurz, ha imbarcato nella sua squadra una ciurma di estrema destra mettendola al timone di ministeri “regaliani”, come gli Esteri e la Difesa, e sparando alcune prime bordate a ritroso nella storia, come nel caso della concessione della cittadinanza austriaca ai cittadini italiani dell’Alto Adige che ne facciano richiesta. Più “ius sanguinis” di così è difficile, oltre che rischioso per il rispetto di confini sensibili come quelli che separano l’Austria dall’Italia. Chissà se una prospettiva del genere aiuterà il futuro Parlamento italiano a rimettere all’ordine del giorno il tema della cittadinanza da riconoscere agli stranieri regolarmente e da tempo residenti in Italia e a riconsiderare il diritto di cittadinanza – e con essa quello di voto – agli italiani residenti in Paesi stranieri dei quali sono cittadini-elettori.

Non meno inquietante quando sta accadendo in un altro Paese dell’Unione Europea, quella Polonia affrancatasi negli scorsi anni ‘90 dal dominio sovietico e protagonista di una straordinaria stagione di mobilitazione per i diritti ai tempi di Solidarnosc.

Quei tempi sembrano adesso appartenere a una lontana epoca geologica, cui sta succedendo una pericolosa era di “glaciazione politica” in un Paese, la Polonia, che sta girando le spalle a fondamentali regole della democrazia e, tra queste, in particolare all’indipendenza della magistratura: un voltafaccia nella quale l’UE, per voce della Commissione, ha ravvisato “il chiaro rischio di una seria violazione dello Stato di diritto”. Sono parole severe, come severa è la procedura avviata per la prima volta nell’UE con la quale il Consiglio dei Ministri è chiamato a valutare tale rischio, con la possibilità, se vi sarà unanimità (ad esclusione evidentemente della Polonia), di decidere la sospensione di “alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione… compresi i diritti di voto… in seno al Consiglio”.

Gli osservatori considerano questa procedura ancora mai sperimentata un’“arma nucleare” per il suo potere deflagrante tra i partner dell’UE, nel caso giungesse a sospendere il diritto di voto in seno al Consiglio UE per lo Stato sanzionato. Conclusione altamente improbabile vista la complicità di cui gode la Polonia da parte dell’Ungheria che già ha dichiarato che a fine procedura farà mancare il suo voto all’unanimità, necessaria per l’adozione della pesante sanzione finale.

Qualcuno si chiederà allora quale sia l’opportunità, con tutti i problemi che gravano sull’UE, di sollevare un simile polverone se già si sa che sarà improbabile, se non impossibile, concludere la procedura. Una prima risposta c’è già: l’iniziativa della Commissione europea non era più rinviabile dopo i tentativi senza risultato fatti per salvaguardare la democrazia in Ungheria, adesso in Polonia e, forse domani, in Austria o in altri Paesi dei dintorni.

Intanto un risultato già si può registrare: quello di un pubblico allarme lanciato sul contagio del virus nazionalista e antidemocratico che rischia di diffondersi in Europa e disgregare la convivenza pacifica e solidale tra i Paesi UE. Ne è stato un ulteriore esempio recente anche il voto all’ONU della Polonia, e non solo, in occasione della condanna degli USA per la loro iniziativa a sostegno di Israele che ha spaccato il fronte ampiamente coeso dell’UE, Italia compresa, in favore dei diritti dei Palestinesi.

E’ ormai evidente che si sta pericolosamente allargando la faglia che corre tra i Paesi UE dell’Europa occidentale con quelli dell’Est, entrati nell’UE da oltre un decennio e ancora ai bordi della democrazia e della solidarietà con un’Unione che li ha accolti e aiutati per il loro sviluppo senza ottenere un ricambio significativo, come nel caso dell’accoglienza dei migranti.

Chi pensasse che l’UE a più velocità è un progetto per il futuro, forse non si è accorto che quel futuro è già cominciato.

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