Riparte il confronto sul futuro dell’UE

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In attesa dei segnali che verranno domenica 24 settembre dal voto in Germania, il confronto sul futuro dell’Unione Europea sembra ripartito.

A innescarlo è stato, come previsto, il discorso del Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, davanti al Parlamento europeo la settimana scorsa.

A muoversi per primi, avvalendosi di un loro maggiore margine di libertà, sono stati i commentatori politici e realtà della società civile, in particolare la Confederazione europea dei sindacati (CES). Ma alcune prime riflessioni interessanti sono trapelate anche in occasione della riunione a Tallin, in Estonia, del 15 settembre.

I commentatori hanno in genere apprezzato la franchezza di alcuni passaggi dell’intervento di  Juncker, quelli italiani in particolare il ripetuto apprezzamento per l’Italia sul fronte caldo delle migrazioni, ma in molti hanno espresso serie riserve sulle sue proposte per la futura Unione Europea, quella da rilanciare all’indomani dell’uscita della Gran Bretagna dall’UE.

Gli stessi commentatori hanno anche in larga parte criticato severamente sia le proposte politiche che quelle istituzionali. Sulle prime si è registrato un generale dissenso sulla scelta di Juncker di non abbracciare l’opzione di un’Unione a più velocità, ma di insistere per considerare un futuro indifferenziato per i 27 Paesi, come se la vicenda britannica fosse stato solo un banale incidente di percorso. Sulle riforme istituzionali, a Trattati immutati, hanno destato non poche perplessità le proposte sulla collocazione del futuro eventuale ministro europeo delle finanze all’interno della Commissione come Vicepresidente (in analogia alla collocazione dell’Alto Rappresentante per la politica estera) e l’unificazione delle attuali due figure di Presidente della Commissione e del Consiglio europeo.

Riflettori anche puntati sulle proposte di politica monetaria ed economica: dalla sollecitazione all’ampliamento dell’eurozona e al completamento dell’Unione bancaria alla creazione di una linea di bilancio (o di un bilancio) specifica per l’eurozona, con una ridefinizione delle competenze dell’eurogruppo (la riunione dei ministri delle finanze) e del suo presidente fino alle prudenti considerazioni sulla fiscalità europea, oggi alle prese con l’inadeguata tassazione dei giganti USA del web.

Più circoscritta, ma anche più determinata, la reazione della Confederazione europea dei sindacati (CES) per la quale Juncker “ha dipinto un’immagine rosea di ripresa economica ed è stato troppo leggero sulle proposte di giustizia sociale”, dimenticando che la ripresa economica in corso ha limitate ricadute occupazionali con 18 milioni di persone disoccupate nell’UE, “una tragedia e uno spreco economico”, aggravata dalla crescente precarizzazione dei rapporti contrattuali. Apprezzata per contro la proposta di creare un’Autorità europea del lavoro, garante dell’equità del mercato.

Interessanti anche le prime reazioni dei governi UE, filtrate dalla riunione dei ministri delle finanze a Tallin. Si profila una linea di frattura tra piccoli e grandi Paesi UE tanto sulle proposte di aggiornamento istituzionale che sulle politiche di bilancio, con accenti discordanti sul futuro della fiscalità europea, una materia che sarà difficile sottrarre alle sovranità nazionali. Ne è già stato un chiaro esempio la resistenza di Paesi come l’Irlanda, l’Olanda, il Lussemburgo ed altri all’iniziativa di Germania, Francia, Italia e Spagna a proposito dell’incremento di tassazione ai giganti USA del web.

Il confronto sul futuro dell’UE è ripreso, entrerà nel vivo dopo le imminenti elezioni tedesche.

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