Siria e Tunisia, tra la guerra e la difesa della pace

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Era il 15 Marzo 2011 quando per la prima volta, sulla scia dei movimenti delle Primavere arabe in Tunisia e in Egitto, i primi manifestanti siriani scesero nelle strade di Damasco e Aleppo per protestare contro il regime dittatoriale di Bachar al Assad. Da allora sono trascorsi esattamente quattro anni : le manifestazioni si sono brevemente trasformate in una guerra civile e la guerra civile è diventata quella guerra che oggi ha superato le frontiere del Paese e viene combattuta contro un sedicente Stato islamico per la costituzione di un Califfato sunnita. Un’evoluzione che non ha più nulla a che vedere con gli obiettivi iniziali di una legittima protesta, segnata, in questi quattro anni, dalla libertà del regime di commettere le peggiori violenze, di usare le armi chimiche, di distruggere un Paese, di causare la morte di più di 215.000 persone e di spingere all’esilio quasi 4 milioni di rifugiati. In questa guerra tuttavia, definita anche una guerra per procura, si incrociano e si sfidano molteplici interessi : di supremazia regionale (Iran e Arabia Saudita in particolare), confessionali (opposizione fra sunniti e sciiti) e internazionali (la Russia, usando del suo diritto di veto all’ONU, ha sempre difeso il regime di Bachar). Quattro anni di una guerra che non sembra avere una soluzione e che oggi si combatte essenzialmente fra le due forze principali rimaste sul campo : il regime di Bachar al Assad e lo Stato Islamico. Un’evoluzione che, viste le nuove sfide terroristiche poste dal progetto jihadista dell’IS, pone ormai alla comunità internazionale il terribile dilemma di un negoziato con Bachar per trovare una soluzione politica al conflitto.

E quelle insostenibili sfide terroristiche che stanno insanguinando le sponde del Mediterraneo, da Est a Ovest, sono giunte ora a colpire anche la Tunisia. L’attentato del 18 marzo scorso ha fatto più di 20 vittime, in maggioranza stranieri, e ha colpito proprio quel Paese che, da quattro anni a questa parte invece, dopo la sua rivoluzione dei gelsomini, tenta fra tante difficoltà di aprirsi la strada verso la democrazia, la conquista dei diritti fondamentali e un progresso sociale ed economico . L’attentato ha seminato paure, ha fatto prendere maggiore coscienza della fragilità di quel percorso e dei concreti pericoli jihadisti che lo minacciano. Ed è proprio a Tunisi, a cinque giorni dell’attentato, che si è aperto il Forum sociale mondiale, il grande appuntamento della società civile che, in questa particolare occasione, intende dimostrare presenza, solidarietà e determinazione nella lotta comune al terrorismo. Ma non si parlerà solo di terrorismo : saranno presenti a Tunisi, provenienti da tutto il mondo, i rappresentanti di Paesi in conflitto, rappresentanti sindacali, le principali reti sociali di movimento, le grandi centrali associative, parlamentari. Parleranno di diritti, di solidarietà, di ambiente, di giustizia sociale, di cooperazione e, proprio perché il Forum si svolge a Tunisi, coniugheranno tutto questo anche con l’Europa, quell’Europa che dista solo poche miglia di mare da lì.

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