Eravamo il Paese della Cultura

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Mette tristezza leggere le classifiche, sfornate quasi quotidianamente, sul posizionamento dell’Italia in Europa: preoccupanti quelle sulla nostra situazione finanziaria ed economica, drammatiche quelle sulla disoccupazione, mortificanti quelle sullo stato della nostra istruzione e ricerca scientifica e inquietanti quelle sulla corruzione.
La settimana scorsa, a fare buon peso, sono arrivate da Bruxelles le classifiche sulla vita culturale nel nostro Paese, lo stesso che nella storia del nostro continente si era ritagliato per secoli un ruolo di protagonista, lasciando alle nostre generazioni un’eredità culturale unica al mondo. E così, mentre continuano a venire giù calcinacci dai resti di Pompei, ci piombano addosso anche i numeri in provenienza dall’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro di Bruxelles sull’ “Accesso e la partecipazione alla cultura”. Sono dati che tolgono il fiato e lasciano intravedere un futuro poco incoraggiante per l’Italia, se è vero che la cultura è la linfa vitale per un Paese e i suoi cittadini.
Un numero su tutti: l’indice di “partecipazione culturale” ci vede al 23° posto sui 28 Paesi dell’Unione Europea. Peggio di noi fanno soltanto Ungheria, Romania, Cipro e Portogallo. Buona ultima la Grecia, culla della nostra civiltà e della nostra cultura, da quella artistica e letteraria a quella filosofica.
Concorrono a questo risultato i comportamenti quotidiani degli italiani: appena uno su due nell’ultimo anno ha letto un libro ed è andato al cinema; solo uno su tre è entrato in un museo e solo uno su quattro è stato a un concerto o ha varcato la soglia di una biblioteca pubblica o di un teatro. Le motivazioni invocate sono la mancanza di tempo o di interesse mentre quanto alla scarsa frequenza di lettura gli italiani la addebitano a problemi economici.
Non consola il panorama complessivo offerto dall’Europa. Da una parte perché la partecipazione alla vita culturale sta andando in retromarcia in tutta l’Europa e, d’altra parte, perché anche in questo settore l’Europa si divide in due. La partecipazione alle attività culturali, dal libro al museo, vede in testa Svezia, Finlandia, Danimarca e Olanda; in coda, come ormai sembra destino, i Paesi del sud, affiancati da quelli dell’est.
E non consola nemmeno che oltre la metà degli Europei utilizzino Internet per fini culturali, quando se ne conosce l’abbondanza di informazione ma anche la fragilità dell’approfondimento culturale. Senza contare che anche qui vi è una netta divaricazione fra i Paesi del nord e quelli del sud e dell’Europa centrale e orientale, oltre quella, da sempre registrata, tra persone con statuto sociale elevato rispetto alle fasce più svantaggiate.
A voler cercare a tutti i costi una buona notizia, si può segnalare che i giovani europei – nel segmento 15-24 anni – fanno registrare tassi di partecipazione più elevati in molte e diversificate attività culturali.
C’è da sperare che la generazione che li segue, faccia ancora meglio: sarebbe una speranza per il futuro dell’Europa.

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