Eurofound: la crisi e la persistenza del divario di genere

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Eurofound, nota anche come Fondazione di Dublino, ha recentemente pubblicato un Rapporto dal titolo “Uomini, donne e condizioni di lavoro”, basato sui dati della quinta “Indagine Europea sulle condizioni di lavoro” che ha coinvolto 44.000 lavoratori dei 34 Paesi europei.
Al centro del Rapporto, l’analisi di genere dei modelli occupazionali delle tendenze del mercato del lavoro, con una particolare attenzione alla differenze di genere che ancora persistono in termini di collocazione, remunerazione, monte ore e regimi contrattuali, nonostante l’impegno profuso negli ultimi anni, nell’approvazione di norme finalizzate alla riduzione del divario di genere.
Tale impegno, secondo il Rapporto, rischia di essere vanificato dal forte impatto della crisi, sia per quello che è stato l’impatto iniziale, sia per il persistere delle misure di austerità.
Sarebbero necessari forti incrementi dei tassi occupazionali tanto al maschile quanto al femminile, per raggiungere l’obiettivo fissato nella Strategia “Europa 2020” (tasso di occupazione pari al 75%) che per altro, ha nella riduzione del divario di genere una delle sue priorità.
Nonostante la chiara indicazione dell’obiettivo, la discriminazione di genere è, sempre secondo il Rapporto, ancora evidente sia in termini di accessibilità del mercato del lavoro, sia in termini di differenti modelli di occupabilità e condizioni di lavoro che riflettono una «persistente segregazione di genere».
La crisi economica e le pressioni che sono state esercitate sulle finanze pubbliche, hanno determinato una particolare pressione nel settore del pubblico impiego, nel quale sono occupate molte donne.
I gruppi occupazionali in cui esiste un bilanciamento della dimensione di genere, sono solo cinque: gli alimentaristi, i lavoratori del settore del legno e del tessile, gli impiegati, gli addetti alle professioni legali, commerciali, sociali e culturali e gli addetti ai servizi alla persona. Particolarmente forte è lo sbilanciamento nel settore pubblico dove, oltre alla prevalenza della forza-lavoro femminile, si riscontrano anche forme di segregazione spaziale tali per cui i diversi luoghi di lavoro siano caratterizzati dalla predominanza di uno dei due generi.
In termini di carichi di lavoro, il Rapporto rivela che quando si sommano retribuite, le ore non retribuite (che comprendono quelle dedicate al lavoro di cura) e le ore di trasferimento da e verso il lavoro, le donne raggiungono un monte-ore settimanale di 64 ore, a fronte delle 53 degli uomini (41 delle quali retribuite a fronte delle 34 delle donne).
Sempre in tema di monte-ore, il Rapporto mette in evidenza una maggiore propensione degli uomini a superare il limite massimo delle 48 ore lavorate a settimana, previsto dalla direttiva “orario di lavoro” (200388CE).
Emerge poi un forte legame tra lavoro part time e la discriminazione di genere, soprattutto per le molte situazioni in cui chi lavora part time (e spesso sono donne), si trova nelle posizioni più basse della scala occupazionale con conseguenti minori possibilità di accesso a tutele di protezione sociale, benefit e scatti di carriera.
In termini retributivi, persiste il divario a favore degli uomini, a fronte di una qualità del lavoro che le donne percepiscono in maniera più positiva in quasi tutti i settori. La presenza di figli, per le donne, determina un miglioramento della qualità del lavoro, a cui fa da contraltare una perdita economica che rischia di durare per l’intera vita professionale.
Infine, il «benessere professionale» quasi sempre e quasi in tutti i settori è più elevato per gli uomini che per le donne. Sia per gli uomini sia per le donne, il benessere professionale aumenta quando si lavora in contesti “misti” dal punto di vista del genere.
Sulla base dei dati appena esposti, gli autori del Rapporto sottolineano l’importanza di un «approccio multidimensionale alla parità di genere» che travalichi i confini del mercato del lavoro: tutti gli elementi emersi devono essere oggetto di misure specifiche: incentivi alla de-segregazione, misure che limitino l’ineguaglianza in termini di monte ore e retribuzione, provvedimenti che facilitino il miglioramento della qualità del lavoro e del benessere individuale.
Infine, il Rapporto sottolinea l’importanza di un costante monitoraggio delle discriminazioni di genere, soprattutto in tempi di grande cambiamento, evidenziando altresì la necessità di compensare le misure di austerità (che rischiano di far perdere terreno rispetto ai risultati raggiunti) con misure che da un lato favoriscano la partecipazione e la lunga permanenza delle donne sul mercato del lavoro e, dall’altro, offrano agli uomini con meno competenze professionali qualche opportunità di lavoro temporaneo o part time.

Scheda a cura di Marina Marchisio

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