Aumentare l’impegno contro il «lavoro nero»

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La commissione Occupazione e Affari sociali del Parlamento europeo ha approvato un Rapporto in cui si sollecitano maggiori sforzi per contrastare il lavoro informale e non dichiarato nell’UE, che in alcuni Stati membri equivale fino al 20% del PIL.
Il Rapporto sottolinea come il «lavoro nero» sia una preoccupante caratteristica del mercato del lavoro europeo che rischia di minare pericolosamente il modello sociale europeo distorcendo la competizione del mercato. àˆ inoltre causa di dumping sociale e sono soprattutto gli stranieri immigrati, in particolare quelli in condizioni di illegalità  , a essere maggiormente esposti ai rischi del lavoro informale e non dichiarato.
Alla Commissione europea è quindi richiesto di creare un database contenente i vari approcci in uso negli Stati membri dell’UE per individuare e misurare l’entità   del lavoro informale, così da promuovere le buone prassi e far circolare le informazioni in materia. L’UE è invece invitata a svolgere un maggior ruolo per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli ispettorati del lavoro europei, rafforzando le risorse economiche e tecnologiche necessarie per i servizi di ispezione.
Inoltre, una definizione comune a livello europeo del lavoro non dichiarato potrebbe eliminare definitivamente le incertezze statistiche, mentre gli Stati membri sono sollecitati a promuovere il lavoro formale e regolare attraverso forme di incentivi e applicando dure sanzioni ai datori di lavoro che continuano a utilizzare illegalmente i lavoratori. Dovrebbero poi essere rafforzate le normative sul salario minimo dignitoso in ogni Stato membro, concordate con le parti sociali.
àˆ infine richiesto agli Stati membri che hanno applicato le misure transitorie per la limitazione del movimento dei lavoratori provenienti dai nuovi Stati membri di aprire i loro mercati del lavoro, inserendo restrizioni non contro i principi fondanti dell’UE ma piuttosto contro il ricorso al lavoro illegale.

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