Rom: le troppe ambiguità   europee

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Ancora una volta si assiste a un deplorevole gioco delle parti, con vicendevole scaricamento di responsabilità  , tra autorità   politiche nazionali ed europee che ha come oggetto la popolazione rom, cioè la più grande minoranza etnica europea mai riconosciuta tale e costantemente oggetto di violazioni e discriminazioni spesso connesse a strumentalizzazioni politiche. Questa volta è la Francia a riaprire un problema europeo mai risolto, quello dell’integrazione sociale ed economica delle popolazioni rom, anche perchà© basato su troppe ambiguità   politico-amministrative.
Il caso francese è noto ed è solo l’ultimo di una lunga serie, che ha spesso riguardato anche l’Italia: le autorità   francesi hanno avviato il 19 agosto scorso una vasta operazione di rimpatri di cittadini rumeni e bulgari di etnia rom che entro la fine di settembre intende portare all’espulsione di almeno 700 persone, sgomberate da decine di campi sosta illegali individuati e smantellati nel Paese. Per ora i campi sgomberati sono stati 51, ma a fine luglio il presidente francese Nikolas Sarkozy aveva promesso di smantellare «entro tre mesi la metà   dei 600 campi nomadi presenti sul territorio francese». Ufficialmente l’operazione è dettata da motivi di ordine pubblico, sicurezza e salute pubblica e consiste in «rimpatri volontari»: ogni rom che abbandona il suolo francese riceve un contributo di 300 euro per gli adulti e 100 euro per i minori, oltre al biglietto di sola andata. Ma proprio in questo consiste la prima ambiguità  , dal momento che tutte le persone allontanate sono cittadini europei e dunque possono rientrare in Francia in qualsiasi momento senza che ciಠpossa essere loro impedito: si stima che circa i due terzi dei quasi 10.000 rom rimpatriati con la stessa formula nel 2009 siano infatti tornati in Francia. Attraverso l’attivazione di uno schedario biometrico le autorità   francesi intendono almeno evitare di dare più di una volta alle stesse persone il contributo economico, ma non potranno evitarne in ritorno in Francia.

Cambiare le norme?
A meno che non si cambino le norme europee sulla libera circolazione dei cittadini comunitari. Cosa che intende proporre invece il ministro dell’Interno italiano, Roberto Maroni, il quale ha annunciato per il prossimo Consiglio UE degli Interni la richiesta di «introdurre il concetto di clandestinità   del comunitario» che andrebbe applicato in modo analogo a quanto avviene per i cittadini non comunitari e quindi con i rispettivi risvolti penali: «Il clandestino comunitario deve essere espulso come qualsiasi extracomunitario, anche solamente per il fatto di aver violato le norme amministrative dello Stato in cui si trova» ha detto Maroni, proposta che pare avere il favore del governo francese e del neo-costituito governo olandese (appoggiato dall’estrema destra che auspica addirittura l’espulsione della Romania dall’UE).
Anche qui l’ambiguità   è enorme. Siccome è difficile immaginare che un cittadino di un Paese dell’UE possa essere espulso da un altro Stato membro dopo tre mesi di permanenza perchà© non è in grado di dimostrare la sua autosufficienza, allora si deduce che l’eventuale nuova norma sarebbe applicata solo ad alcuni cittadini, ad esempio i rom che sarebbero così di fatto «meno europei» degli altri. D’altro canto, se l’eventuale norma fosse applicata a tutti i cittadini dell’UE salterebbe il principio della libera circolazione e insieme ad esso lo stesso progetto di Unione Europea.

Un rimpallo di responsabilità  
Anche per questo le autorità   dell’UE hanno richiamato le autorità   francesi, così come quelle italiane e di altri Paesi nei mesi precedenti, ad attenersi alle norme europee sulla libertà   di circolazione e di residenza quali diritti di tutti i cittadini europei, dunque anche di quelli di etnia rom. A loro volta le autorità   francesi, esattamente come quelle italiane in passato, hanno chiesto all’UE di «fare di più» per risolvere il problema delle popolazioni rom, ma i responsabili della Commissione Europea hanno osservato che «è responsabilità   degli Stati membri proporre progetti che facciano uso dei fondi messi appositamente a disposizione dall’UE per l’integrazione dei rom», ricordando che per il periodo 2007-2103 l’UE ha stanziato 17,5 miliardi di euro per progetti specifici per l’integrazione dei rom in 12 Paesi membri. Questo continuo «scaricabarile» evidenzia l’ambiguità   politico-amministrativa di autorità   nazionali e locali che giustificano gli sgomberi dei campi per le condizioni in cui si trovano ma non utilizzano i fondi europei per migliorarle o passare dai campi sosta a interventi reali di integrazione; risulta perಠtroppo ambigua anche la politica delle istituzioni dell’UE che sottolineano continuamente l’importanza dell’integrazione delle minoranze e dei rom in particolare ma che non riescono in nessun modo a renderla effettiva.

Strumentalizzazioni e razzismo
Infine, ma non meno importante anzi ancora più inquietante, la grande ambiguità   di celare dietro a motivi di sicurezza e ordine pubblico interessi politici e sentimenti xenofobi e/o razzisti. Le campagne di «sicurezza» anti-rom e più in generale anti-immigrazione sono troppo spesso strumentalizzate per raccogliere facili consensi elettorali (probabilmente non è un caso che ora siano lanciate da un Sarkozy in calo di consensi e da un governo italiano in profonda crisi politica), alla ricerca di un capro espiatorio per celare carenze politiche. In realtà   i problemi di ordine pubblico che interessano le minoranze etniche hanno sempre alla base interventi per l’integrazione fallimentari o perlopiù inesistenti. Quando poi si propongono o si attuano provvedimenti di ordine pubblico a intere comunità  , estendendo ad esse eventuali responsabilità   individuali, allora il carattere razzista e/o xenofobo di tali provvedimenti risulta piuttosto evidente.
La Commissione Europea si è detta «molto preoccupata per ogni forma di discriminazione», facendo riferimento al rischio che le operazioni di espulsione in corso in Francia possano provocare un’ulteriore stigmatizzazione dei rom in altri Paesi dell’UE. La giustificazione dei provvedimenti data dal governo francese, che ha denunciato la «situazione di illegalità  » delle popolazioni rom caratterizzata da «insediamenti illegali, traffici illeciti e sfruttamento dei minori per l’accattonaggio, prostituzione e criminalità  », rafforza ancora di più la percezione discriminatoria di questo gruppo etnico nel suo complesso, ha denunciato l’European Roma Rights Centre (ERRC) in una lettera inviata il 29 luglio scorso alle autorità   francesi e dell’UE. L’ERRC ha inoltre denunciato gli sgomberi forzati senza altre soluzioni come violazioni dei diritti internazionali sull’alloggio, in quanto si rischia di rendere le persone senza dimora, ricordando come anche le espulsioni collettive costituiscono una violazione delle norme europee e internazionali sui diritti dell’uomo.
«Alcuni gruppi e governi approfittano della crisi finanziaria per trarre vantaggio dai timori derivanti dall’assimilare i rom ai criminali, scegliendo un capro espiatorio che rappresenta un facile bersaglio, essendo i rom uno dei gruppi più vulnerabili. La Corte Europea dei diritti dell’uomo condanna regolarmente gli Stati all’interno dei quali i rom subiscono maltrattamenti o discriminazioni» ha dichiarato il presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Mevlà ¼t àƒÆ’à¢â‚¬¡avusoglu, sottolineando che i recenti eventi in diversi Paesi europei con evacuazioni di campi rom ed espulsioni «non rappresentano di certo le misure adeguate per migliorare la condizione di questa minoranza vulnerabile. Al contrario, esse rischiano fortemente di alimentare il sentimento razzista e xenofobo in Europa».
Un problema, questo, che non riguarda solo le popolazioni rom ma l’intera popolazione europea, come osserva Jean-Pierre Lià©geois, autore del libro Rom in Europa: «Tutti gli Stati devono apprendere a gestire, per mezzo di un approccio interculturale, il multiculturalismo che si sta sviluppando. In tale contesto, i rom servono da modello. Le azioni che li riguardano aprono delle vie di riflessione e di azione che hanno ripercussioni su tutte le altre minoranze e sull’insieme delle popolazioni».

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