È stata la settimana scorsa, una settimana carica di avvenimenti e di simboli che si sono incrociati, in questa nostra Europa, tra passato, presente e futuro. Il primo avvenimento è stato in Polonia, con la visita di Barack Obama per commemorare i venticinque anni dalla prima elezione libera del popolo polacco, un’elezione che con la vittoria di Solidarnosc, dava praticamente inizio alla caduta dell’Impero sovietico. Il discorso pronunciato dal Presidente degli Stati Uniti era carico di emotività, tanto da ricordare, con le dovute distinzioni storiche, quel famoso discorso a Berlino nel 1963 del Presidente Kennedy, durante il quale pronunciò quel famoso “Ich bin ein Berliner”. Ma accanto all’emotività, il discorso di Obama ha toccato temi molto concreti, balzati al centro dell’attualità con i recenti avvenimenti in Ucraina. Obama ha infatti ricordato all’Europa che “la libertà non è garantita per sempre” e che il rafforzamento della sicurezza ai confini orientali dell’Unione nonché la salvaguardia dell’integrità territoriale e della democrazia di Stati sovrani rappresentano oggi rinnovate sfide alle quali l’Europa non può più sottrarsi. È stato un invito all’Europa ma anche l’attribuzione di un maggior protagonismo politico alla NATO, incaricata della sicurezza di quelle frontiere. E, a segnare l’interesse degli Stati Uniti al riguardo, il Presidente Obama non ha esitato a prendere l’impegno di un sostegno finanziario da un miliardo di dollari.
Lasciata Varsavia, il Presidente Obama ha raggiunto la riunione del G7 nella sua nuova composizione senza la Russia, esclusa appunto per la sua inquietante politica ai confini dell’Europa, in Ucraina e per annessione della Crimea. Una riunione che, emblematicamente e per la prima volta si è svolta a Bruxelles, nel palazzo Justus Lipsius, sede del Consiglio Europeo. Al centro dell’ordine del giorno ancora l’Ucraina, le relazioni e le possibili nuove sanzioni nei confronti della Russia se persiste nella sua politica di destabilizzazione e di pressione militare, ma anche discussioni su un tema che ha sempre diviso gli Stati membri dell’Unione Europea, cioè quello della necessità di disegnare una politica energetica comune e di ridurre la dipendenza dalle forniture russe. Tema non da poco, se si considera, nel suo insieme, che cosa significa, in termini di nuove geostrategie la diversificazione, la definizione di nuovi approcci politici nelle relazioni con la Russia e gli interessi economici ancora troppo divergenti degli stessi Stati membri. Ma tant’è il merito di questo G7 sta nell’aver finalmente affrontato il tema, anche se nel momento di più alta tensione nei rapporti fra Est e Ovest.
Ed infine la settimana si è conclusa con le commemorazioni dello sbarco in Normandia, che ha dato inizio nel giugno 1944 alla fine della seconda guerra mondiale e alla liberazione dell’Europa dal nazifascismo. Commemorazioni che hanno riunito vinti e vincitori di quella guerra che aveva ridotto l’Europa in macerie e che continua, a settant’anni di distanza, a richiamare con forza il valore della pace, della democrazia e della libertà. Contrariamente alla riunione del G7, anche Putin ha partecipato alle commemorazioni ed è stata l’occasione, seppur timida, di dialoghi incrociati: Putin e Poroshenko, il neo presidente ucraino, Putin e Obama, Putin e Angela Merkel. Da questi dialoghi sembra essere scaturita una volontà condivisa dalla Russia di porre fine alla guerra che si sta consumando nell’est dell’Ucraina.
Forse saranno ancora le ferite di quell’immane tragedia a guidare le politiche di dialogo che dovranno tessere le relazioni fra le nazioni e i popoli, nel rispetto della sicurezza di tutti. Ed in questo, malgrado le difficoltà e le forti fragilità politiche, il progetto di Unione Europea mantiene non solo tutto il suo senso ma chiede soprattutto di essere rilanciato.