Biden e i suoi primi cento giorni

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Dall’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, spira decisamente un vento nuovo non solo negli Stati Uniti, ma anche nei rapporti fra Washington e il resto del mondo.

Sono trascorsi solo cento giorni, ma è un tempo sufficiente per cogliere le tendenze di una nuova politica che devia decisamente da quella intrapresa da Donald Trump, dalla sua dottrina dell’America first e da un certo isolazionismo tinto di disprezzo per le dinamiche multilaterali.

Biden ha dato il via alla sua Presidenza proprio a partire dal multilateralismo: dopo mesi di pandemia da covid 19, gli Stati Uniti intraprendono la strada del rientro nell’Organizzazione mondiale della sanità, dalla quale Trump aveva dichiarato il ritiro del suo Paese un anno prima. Primo rientro quindi in un’Organizzazione che gli stessi Stati Uniti avevano contribuito a creare nel 1948, ribadendo l’impegno a rispettare gli obblighi finanziari che ne derivano. In tempo di pandemia, si tratta di una prima decisione di esemplare rilevanza.

La seconda mossa di Biden riguarda il rientro degli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi del 2015 sul clima, girando così definitivamente la pagina dello scetticismo di Trump e tornando sulla scena internazionale come attore e promotore della lotta ai cambiamenti climatici. Non solo fissa nuovi obiettivi di riduzione del 50% delle emissioni degli Stati Uniti per il 2030, ma convoca un Vertice virtuale al quale partecipano più di 40 Paesi, compresa la Cina di Xi Jinping.

Il ritorno al multilateralismo implica tuttavia un cambiamento di rotta soprattutto nella politica estera degli Stati Uniti e nell’approccio alle grandi sfide globali. In primo luogo Biden, nel dichiarare di voler basare questo ritorno sui valori democratici e su solide alleanze, rivolge lo sguardo all’Europa e alla NATO. E’ importante ricucire gli strappi fatti da Trump, riportare la fiducia, spegnere le critiche e privilegiare il dialogo costruttivo per far fronte “alle crescenti ambizioni della Cina” e “alla determinazione della Russia”, i due grandi temi intorno ai quali si snodano le strategie americane. Un approccio che, sebbene in modo totalmente opposto a quello usato dalla precedente amministrazione americana, riporta di nuovo l’Europa a ripensare i suoi rapporti transatlantici e i suoi possibili margini di autonomia. In proposito non sono mancati i primi banchi di prova, in particolare sui rapporti commerciali con la Cina e sulle tensioni nate intorno al gasdotto russo North stream 2. Senza dimenticare la recente decisione di Biden di liberalizzare i brevetti dei vaccini, cosa che, al di là dell’apprezzabile obiettivo della lotta solidale alla pandemia, ha messo in tensione l’Europa e va valutata anche sotto l’aspetto geopolitico e di contrasto alla “diplomazia dei vaccini” praticata da Cina e Russia.

La politica estera di Biden continua poi su altri fronti che, a vario titolo, coinvolgono l’Europa. E’ in corso infatti un delicato negoziato per salvare e rinnovare l’accordo del 2015 sul nucleare iraniano, un accordo dal quale Trump si era ritirato, imponendo sanzioni severe all’Iran e alla sua popolazione. Con il rientro tuttora discreto degli Stati Uniti, è possibile intravedere sviluppi nell’area mediorientale, sempre in preda a conflitti e turbolenze che destabilizzano l’intera regione e dove ancora rimane in sospeso il futuro degli Accordi di Abramo. 

Le decisioni di Biden continuano poi con il ritiro definitivo e senza condizioni delle truppe americane ancora presenti in Afghanistan. Una decisione carica di incognite e apprensioni, visto il ritorno in forze dei talebani sulla scena politica del Paese. 

Non mancano certo anche importanti decisioni sul piano della politica interna degli Stati Uniti, ma certo è che questi primi 100 giorni di Biden hanno rimescolato le carte in un mondo già in grande cambiamento. E, in primis, anche per l’Europa.

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