Elezioni in Venezuela: una sfida per l’UE e la democrazia 

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Intervista a Victoria Dos Santos, ricercatrice all’università pontificia di San Paolo, Brasile. 

Domenica 28 luglio si terranno le elezioni presidenziali in Venezuela ed il presidente Nicolàs Maduro sta ricorrendo a tutti i mezzi tipici dei regimi non democratici per tentare di vincerle. Risale a pochi giorni fa la sua dichiarazione: “In caso di mancata vittoria il paese cadrebbe in una guerra civile fratricida prodotto dei fascisti”. Maduro si riferisce al partito d’opposizione “Piattaforma unitaria democratica” che, secondo i sondaggi, sarebbe in netto vantaggio rispetto al partito del presidente uscente, la cui credibilità è indebolita dai gravi problemi economici riscontrati negli ultimi anni. Il Venezuela è soprattutto fiaccato dalle svolte autoritarie che lo rendono un regime militare dittatoriale: ecco perché questa è anche la nuova sfida alla salute della democrazia.

Sarà Edmundo Gonzalez Urrutìa, candidato proposto dalla Pud, a sfidare Maduro. È l’ex ambasciatore in Algeria ed in Argentina, e sarà sostenuto da Marìa Corina Machado, la figura più celebre del partito d’opposizione. In elezioni libere lei avrebbe ottenuto una vittoria schiacciante: a marzo è stata inabilitata dal regime a candidarsi alle elezioni. L’esito delle votazioni determinerà anche il rapporto con l’Unione Europea, ormai diventato conflittuale dopo che Bruxelles si è dichiarata preoccupata in merito ad uno svolgimento libero delle presidenziali.

Victoria Dos Santos, giornalista di origini venezuelane, ha conseguito il dottorato in semiotica e media all’università di Torino. Oggi si trova all’università pontificia di San Paolo in Brasile in qualità di ricercatrice e conosce bene la situazione del suo Paese.

Il numero due di Maduro, Diosdado Cabello, ha definito l’UE “una mafia al servizio degli USA” in merito all’invio di osservatori delle elezioni. Uno svolgimento democratico è ancora possibile?

“Sì, credo sia possibile. L’attenzione internazionale che le elezioni venezuelane hanno suscitato renderà più complicato per Maduro ed il suo partito sabotare le elezioni o commettere crimini. Il problema è che, nonostante sia evidente che l’opposizione goda di una maggioranza esorbitante, la dittatura venezuelana non rinuncerà al potere così facilmente”.

Il gruppo del PPE ha deciso, il 17 luglio, di inviare comunque una missione di osservazione elettorale in Venezuela. Un’azione utile?

“Avere un processo elettorale trasparente non è un’opzione per il regime venezuelano, perciò lo scenario più probabile è che al PPE non sarà permesso entrare nel Paese. Il governo venezuelano ha da poco revocato l’invito nei confronti di vecchi ‘sostenitori’ come il presidente Lula dal Brasile, Gustavo Petro dalla Colombia e l’ex presidente argentino Alberto Fernàndez non appena hanno espresso la loro preoccupazione riguardo alle dichiarazioni di Maduro su ‘un possibile bagno di sangue’ nel caso in cui perda le elezioni. Tuttavia penso che sia utile che il PPE mandi gli osservatori al fine di mettere pressione al regime autoritario di Maduro”.

Il 13 novembre 2023 l’UE ha rinnovato il pacchetto dì sanzioni al Venezuela, poi parzialmente ritirate e mirate solo a colpire alcuni dei funzionari del governo Maduro. Come influiscono questi provvedimenti sul Paese?

“Tutte le sanzioni colpiranno l’economia già così sofferente del Venezuela, in particolare dopo che il regime ha praticamente distrutto i settori industriali e privati corrompendo le istituzioni pubbliche. Nonostante ciò, quando le sanzioni sono dirette verso funzionari del governo, non c’è un impatto diretto sul paese. Probabilmente la loro unica influenza è il fatto che le sanzioni non restituiranno al Venezuela le risorse rubate. Il regime venezuelano ha rubato un’ingente quantità di fondi pubblici, specialmente quelli provenienti dall’industria petrolifera”.

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