Consiglio UE a Bruxelles: poteva andare meglio

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C’era molta attesa per il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo riunito a Bruxelles la scorsa settimana e c’era motivo. Intanto per la devastante guerra in corso in Ucraina con il suo corteo di vittime e provocazioni, le conseguenze per l’economia europea minacciata da avversari ed alleati e l’inarrestabile flusso migratorio dalla rotta balcanica e mediterranea verso l’UE.

Mentre il tema dell’aggressione russa ha visto compattarsi, anche se con intensità diverse, i Ventisette attorno al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, al quale sono state rinnovate promesse di assistenza umanitaria e militare e, con le cautele del caso, l’impegno ad accogliere l’Ucraina un giorno nell’Unione Europea.

È andata meno bene su altri versanti, tanto su quello economico che su quello dei migranti, con entrambi i temi rinviati a marzo, nonostante la loro evidente urgenza.

Nel caso dell’economia il problema centrale era quello degli aiuti di Stato all’industria privata: quelli generosi dell’Amministrazione USA decisi recentemente da Biden, con evidenti ricadute negative per la competizione europea e quelli squilibrati da Paese a Paese nell’UE, approfittando dell’allentamento dei vincoli europei agli aiuti di Stato che hanno consentito a Germania e Francia di destinarvi investimenti importanti, con l’Italia impossibilitata a fare altrettanto per mancanza di risorse finanziarie pubbliche. In quel contesto è stata evocata anche la prospettiva della creazione di un fondo sovrano UE come strumento di solidarietà comunitaria, proposto dalla Commissione e auspicato dall’Italia, ma è un eufemismo dire che l’accoglienza è stata fredda, in particolare tra i Paesi “rigoristi” del centro-nord.

Poteva certo andare meglio sul tema migranti, sul tavolo da troppo tempo e a rischio di esplosione se, dopo il terremoto tra Turchia e Siria, dovesse riversarsi in Europa un nuovo flusso di profughi, oggi trattenuti in Turchia, a spese dell’UE, da un Erdogan in affanno alla vigilia delle elezioni di maggio.

Qui l’Italia ha portato a casa qualche promessa con la prospettiva di un rafforzamento delle frontiere esterne dell’UE e di sostegno ai rimpatri, senza ottenere solidarietà per l’accoglienza da Paesi presunti “amici” della nuova maggioranza di governo.

A dare un supplemento di preoccupazione sul futuro dell’Italia e dell’UE è intervenuta la polemica tra Italia e Francia per l’esclusione della nostra Presidente del Consiglio dalla cena a Parigi tra Macron, Scholz e Zelensky, un incidente che la dice lunga sullo stato delle nostre relazioni con i due principali Paesi alla guida dell’UE che, senza essere sempre d’accordo tra loro, si trovano frequentemente allo stesso tavolo e lasciano fuori ospiti indesiderati, o per il loro passato o per le loro discutibili alleanze presenti nell’UE, con un occhio anche delle prossime elezioni del Parlamento europeo.

Si è trattato di un episodio di cui si sarebbe potuto fare a meno da entrambe le parti e che non ha fatto bene a un’Europa alle prese con la guerra e con un’economia in crisi, all’origine di tensioni tra i Ventisette. E tuttavia la lezione deve servire per il futuro, cominciando ad avere memoria delle passate relazioni tra partner nell’UE, dei rapporti di forza attuali che vedono l’Italia in difficoltà tanto con la Germania che con la Francia. Con la prima, l’attuale maggioranza politica italiana stenta ad accreditarsi come affidabile; con la seconda, non basta il Trattato bilaterale italo-francese del Quirinale, appena entrato in vigore, per spegnere frizioni tra i due Paesi.

Sono contrasti che vengono da lontano, dal ricordo dell’ultima guerra alle recenti tensioni nella contesa area mediterranea, riaccese da altre  polemiche inopportune, come nel caso sostegno dell’allora ministro Di Maio, nel governo giallo-verde di Conte 1, alla protesta dei “gilets jaunes” contro Macron fino ai più recenti contrasti della Presidente del Consiglio italiano con il suo non amato – e forse non amabile –  collega francese a proposito dell’accoglienza dei migranti salvati dalle navi delle ONG nel Mediterraneo.

Il Paese Italia avrebbe meritato quell’invito a cena, meglio ancora se con tutti gli altri partner UE al tavolo.

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