Quando il terremoto fa tremare la geopolitica

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Le immagini del terremoto che ci giungono dalla Turchia e dalla Siria non hanno bisogno di commenti, salvo a dire che assomigliano fortemente a quelle di una guerra. Solo che la guerra la decidono gli uomini, mentre un terremoto risponde a delle leggi della Terra, spesso imprevedibili e indecifrabili. 

Questa volta il sisma ha colpito un territorio attraversato da una frontiera intorno alla quale, da anni, si trascina una guerra che coinvolge attori regionali e attori globali “per procura”. Più precisamente si tratta di una frontiera che corre fra il sud della Turchia e il nord  della Siria e che, in quanto frontiera, riesce a conferire un peso diverso alla tragedia, al dolore e alla solidarietà con le popolazioni coinvolte. 

Se dalla parte turca, la copertura mediatica e gli aiuti d’emergenza e umanitari della comunità internazionale sono stati immediati e visibili, dalla parte siriana l’arrivo degli gli aiuti ha dovuto fare i conti con non poche difficoltà per raggiungere un territorio politicamente frammentato fra ribelli e opposizione, non controllato dal Governo di Damasco e distrutto da più di dodici anni di guerra civile. Non solo, ma con un Governo sotto sanzioni occidentali, sostenuto in particolare dalla Russia e dall’Iran, al quale sono venuti direttamente in soccorso Paesi non allineati con l’Occidente, come Egitto, Emirati Arabi Uniti ed Algeria. Un sostegno diretto a Bashar al Assad che ha messo in difficoltà l’Unione Europea e gli Stati Uniti, pronti tuttavia a fornire aiuti purché destinati direttamente alla popolazione colpita, già in gravi difficoltà umanitarie prima ancora del sisma, senza concedere legittimità al regime.

Una situazione quindi, sul versante siriano della frontiera, dove gli aiuti umanitari, malgrado gli appelli dell’ONU a superare tutte le divergenze, diventano ostaggio di ricatti  politici, diplomatici e logistici e si scontrano con le sofferenze di migliaia di persone che non riescono a far sentire la loro voce. 

Dall’altra parte della frontiera, dove sono giunte le tante bandiere della solidarietà internazionale, Russia e Ucraina comprese, è il futuro di Erdogan a destare i maggiori interrogativi politici. All’orizzonte immediato del Presidente turco vi sono  infatti le elezioni presidenziali e legislative del maggio prossimo, un appuntamento molto atteso dal Presidente stesso che si apprestava a celebrare nel 2023 il centenario della Repubblica turca. Di fronte ad Erdogan si profilano ormai le sfide più significative della sua vita politica

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