Germania, Francia e Italia: il fragile triangolo europeo

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“Aiutati che il ciel t’aiuta” dice la saggezza popolare: vale anche nel rapporto tra l’Unione Europea e i suoi Paesi membri, chiamati ad aiutarsi gli uni gli altri, in particolare in una congiuntura politica come l’attuale, segnata dalla guerra, dalla crisi energetica ed economica con le sue pesanti conseguenze sociali.

È in questo contesto che il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, riunito a Bruxelles il 9-10 febbraio, era chiamato ad affrontare emergenze che si intrecciavano e annunciavano  poche risposte concrete.

È quanto avvenuto per due temi all’ordine del giorno: il futuro sostegno pubblico all’economia europea e il difficile dialogo sul fronte caldo della pressione migratoria.

Su questo secondo argomento era già intervenuta una lettera della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che lasciava intravvedere un giro di vite sulla difesa delle frontiere esterne dell’UE, incoraggiando misure per raffreddare il flusso dei migranti irregolari e portare a compimento i rimpatri, fino a lasciar credere nella possibilità di usare fondi europei per la costruzione di nuove barriere, che verrebbero ad aggiungersi ai mille chilometri di muri già esistenti. Qualcuno vi aveva visto un’apertura verso le “politiche di chiusura”, come nel caso dell’Italia, ma anche di Austria, Bulgaria, certo non contrastate dalla presidenza semestrale svedese dell’UE, collocata chiaramente a destra nello schieramento politico europeo. Purtroppo l’urgenza del tema ha prodotto poco più che intenzioni, più o meno buone, e tutto è ancora una volta rinviato al prossimo Consiglio europeo di marzo, se non oltre.

E resta un problema irrisolto anche quello che si agita ormai da tempo a proposito del sostegno all’economia europea, destinataria di aiuti pubblici autorizzati nell’UE in ordine sparso ai singoli Stati, senza un coordinamento europeo.

Per semplificare, due le decisioni all’origine delle tensioni generate da questa situazione: l’alleggerimento delle norme europee sul contrasto agli aiuti di Stato, deliberato nel 2020 in piena pandemia, e la recente decisione dell’Amministrazione USA di sostenere con 369 miliardi di dollari di fondi pubblici la propria industria, in particolare quella ad alta tecnologia in favore della transizione ecologica.

La somma di questi due interventi è una minaccia per la concorrenza sia all’interno dell’UE che tra le due sponde dell’Atlantico. Nel primo caso consentendo ai Paesi UE che hanno maggiori margini di bilancio pubblico di favorire la propria industria, come già avvenuto con Germania e Francia che, da sole, hanno beneficiato del 77% delle deroghe concesse per gli aiuti di Stato. Nel secondo caso generando forme di protezionismo degli USA a spese dell’Unione Europea, con nuove barriere agli scambi internazionali.

Per correre ai ripari l’UE ha due opzioni possibili: consentire maggiori margini per gli aiuti di Stato nazionali, con il rischio di minare il mercato unico e alterarne la concorrenza interna oppure creare un “fondo sovrano” comunitario, sulla falsariga del “Next generation EU” beneficiario di un debito comune europeo, una risposta in qualche modo simmetrica all’intervento USA. Al momento è prevalso l’orientamento a mantenere allentati i vincoli per gli aiuti pubblici nazionali, come sollecitato dalla Germania e contrastato senza risultato dall’Italia, in attesa di tempi migliori per un intervento pubblico di dimensione comunitaria.

Nel triangolo Germania-Francia-Italia le posizioni divergono: la prima (insieme con Olanda e compari frugali) non ha nessuna intenzione per ora di aprire il portafoglio per un nuovo fondo di solidarietà, preoccupata anche dei ritardi nella realizzazione dei “Piani nazionali di ripresa e resilienza” (PNRR), in particolare di quello italiano. Si profila qui un compromesso per consentirne una maggiore flessibilità di utilizzazione, estesa anche ad altri fondi europei. 

La Francia e l’Italia potrebbero, divergenze politiche permettendo, allearsi per sostenere la creazione di un Fondo sovrano di risorse europee, rese equamente disponibili per tutti gli Stati membri. Certo non ha aiutato in proposito il gelo calato tra il Presidente francese e la Presidente italiana, una tensione che non fa bene all’UE e ancor meno all’Italia.

Per l’Italia in particolare è il momento dell’ “aiutati che il ciel t’aiuta”: andando a Bruxelles senza il cappello in mano, ma anche sapendo che, senza le alleanze giuste nell’UE e una credibile coerenza europea, non basta battere il pugno sul tavolo per essere aiutata.

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