G20 e ambiente: qualche buon segnale, ma occorrerà fare di più

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Pubblicata l’edizione 2020 Green transparency report

Anche nell’ambito del G20 – il forum che riunisce i rappresentanti delle 20 principali potenze economiche globali, tra cui tre Paesi dell’Unione europea (Germania, Francia e Italia), nonché l’UE medesima, considerata come soggetto a sé stante – la lotta ai cambiamenti climatici è divenuta una consolidata priorità. 

L’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, sancito dagli accordi di Parigi del 2015, è stato condiviso da molti dei principali Paesi industrializzati del mondo, nonostante il successivo ritiro, nel 2019, degli Stati Uniti dell’(ormai ex) Presidente Trump. 

A tal proposito, il G20 ha recentemente pubblicato l’ultima edizione del Green transparency report, nel quale vengono sommariamente riportati i principali progressi compiuti in materia ambientale dalle nazioni che prendono parte al forum.

Il quadro tracciato dal report, pur non privo di dati incoraggianti, illustra chiaramente la necessità di adottare politiche strutturali per la riduzione delle emissioni, senza le quali il conseguimento del target di riduzione delle stesse del 45% (rispetto al 1990) entro il 2030 sarà pressoché impossibile.

Le emissioni dei Paesi del G20 si sono ridotte all’incirca del 7,5% nell’anno corrente, grazie – o a causa – della contrazione delle attività produttive causata dalla pandemia di coronavirus. 

Tuttavia, proprio le misure adottate per sostenere l’economia in questi mesi di crisi sembrano andare nella direzione opposta rispetto agli obiettivi di sostenibilità, includendo, nella metà circa dei casi, sussidi alle industrie del settore carbonifero, petrolifero e del gas, nonché, in oltre due terzi dei casi, la nazionalizzazione o il massiccio finanziamento pubblico delle compagnie aeree senza condizionalità legate alle future policy in materia di inquinamento. A fare da contraltare, quasi tutti i Paesi del G20, ad eccezione di Messico, Russia e Arabia Saudita (che del G20 detiene attualmente la presidenza), hanno sostenuto economicamente anche il comparto “verde”, investendo sulla mobilità sostenibile e sulle fonti rinnovabili.

Proprio dal comparto energetico giungono altre notizie positive, in quanto, già prima dell’impatto della pandemia, i Paesi del G20 erano riusciti nell’intento di ridurre le emissioni prodotte dal settore del 0,1% (dati 2019), dopo 15 anni di crescita ininterrotta dell’1,4% medio. 

Meno incoraggianti, invece, i dati relativi alle emissioni del comparto edilizio (+0,9%), dei trasporti (+1,5%) e dell’industria (+1,2%).

Occorrerà pertanto l’adozione di misure più incisive, tra cui l’eliminazione dei finanziamenti al settore dei combustibili fossili, la decarbonizzazione dell’industria e dei trasporti e l’adozione di serie politiche di contrasto alla deforestazione, per rientrare in una traiettoria coerente con gli obiettivi prefissati. 

Chissà che la futura presidenza italiana del G20, che avrà inizio il 1 dicembre 2020 e durerà sino al 30 novembre 2021, non riesca ad apportare un contributo effettivo verso la giusta direzione.

Per approfondire: il Climate transparency report in versione integrale

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