Non si puo’ certo dire che il 2023 sia stato un anno con segnali di serenità o prospettive di pace. Al contrario. Iniziato con il proseguirsi della guerra in Ucraina, si è concluso, alle nostre frontiere, con una nuova guerra in Medio Oriente, frutto amaro di un conflitto mai risolto da più di settant’anni a questa parte e ancor carico di una nostra recente e tragica storia europea.
Il conflitto scoppiato con inaudita violenza il 7 ottobre scorso con un attacco di Hamas ad Israele, si è tramutato in una vera e propria guerra a Gaza, dove la risposta altrettanto violenta di Israele si sta giocando soprattutto sulla pelle della popolazione palestinese, allo stremo e ostaggio anche dell’incapacità della comunità internazionale e dell’Occidente in particolare a mediare per un cessate il fuoco. Obiettivo dichiarato di Israele è quello di annientare il gruppo terroristico Hamas, ma l’obiettivo strategico resta imprecisato e senz’altro incapace di rispondere a un futuro di pace e di convivenza fra i due popoli. Non solo, ma incapace anche di garantire la stabilità dell’intera regione, oggi a rischio più che mai.
La guerra in Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022 con l’aggressione della Russia, ha messo sempre più in evidenza non solo la complessità di nuove ed emergenti realtà geopolitiche a livello globale ma anche la velocità con la quale esse si susseguono. Se il primo anno di guerra è stato occasione per l’Europa e per l’Occidente allargato di dimostrare sostegno militare, finanziario ed economico indiscutibile a Kiev, il 2023 si sta invece concludendo su note di “stanchezza” e di un possibile rallentamento degli aiuti da parte di Bruxelles e di Washington. Una prospettiva che apre interrogativi non da poco sul futuro di un Paese candidato all’adesione all’UE e su quale possibile terreno di negoziato per una pace equa e duratura. Ma anche interrogativi su quali future relazioni tra Occidente e una Russia che non dà segni di scostarsi dall’obiettivo di cancellare l’Ucraina dalla carta geografica.
Volgendo poi lo sguardo a sud dei nostri confini, il 2023 è stato un altro anno particolarmente inquieto per il Sahel e per l’Africa in generale. Sono continuati infatti i colpi di stato militari, in Niger e in Gabon, dopo quelli che si sono susseguiti dal 2021 in Mali, in Burkina Faso, in Ciad, in Guinea. Una situazione di significativa regressione sulla strada della democrazia, in un contesto di rinnovata attività dell’Isis, del jihadismo e del terrorismo, di guerre regionali che si intrecciano con le vie migratorie e di conseguenze dovute ai cambiamenti climatici.
Infine, il 2023 ha visto crescere la presenza sulla scena internazionale di nuovi attori, definiti parte del Sud globale. Sono Paesi dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia decisi ad uscire da una situazione di percepita emarginazione e a rivendicare, in particolare, una maggiore e più equa partecipazione ai processi decisionali globali. Significativa, su pressione della Cina, la decisione di allargare il gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) ad Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti a partire dal gennaio 2024, conferendo alla nuova compagine un profilo geopolitico più incisivo e un ruolo nella svolta in corso della politica internazionale.
Fra i nuovi attori spicca in particolare la Cina, in aperta competizione strategica con gli Stati Uniti e sempre più protagonista nelle questioni regionali e globali. Da non dimenticare inoltre che la Cina rappresenta ormai il 20% dell’economia globale e punta a diventare la prima potenza mondiale entro la metà del secolo.
Il 2023 si conclude e conferma la tendenza verso un ordine mondiale in grande mutazione e frammentazione; un mondo sempre più multipolare, in competizione geopolitica, economica, tecnologica e di governance, con Istituzioni internazionali sempre più fragili e un contesto di evidente erosione dell’ordine internazionale basato sulle regole. Le sfide non mancano per il 2024, anno di elezioni importanti per circa metà della popolazione mondiale.