Consiglio europeo: «no» irlandese ed esigenza di futuro

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Doveva essere un Vertice di fine presidenza slovena con un ordine del giorno ricco di molti punti all’interno del quale il Trattato di Lisbona e la relativa verifica della situazione delle ratifiche nazionali compariva tra molte altre questioni importanti: l’aumento dei prezzi degli alimentari e dei carburanti, le relazioni con i Balcani, il processo di Barcellona e l’Unione per il Mediterraneo, la Politica di vicinato ad Est, le situazioni di crisi in Africa. Invece, con il voto negativo degli irlandesi al referendum del 12 giugno scorso, il Trattato di Lisbona e con esso il futuro dell’Unione europea ha pesato sulle discussioni in seno al Consiglio europeo, rinviando parte degli altri temi in un nuovo clima e in una prospettiva di incertezza. Sebbene molte siano state le analisi del rifiuto irlandese e le proposte avanzate per far fronte alla crisi, resta il fatto che il Trattato non entrerà   in vigore il primo gennaio 2009 e che le iniziative previste al riguardo dalla prossima presidenza francese non avranno più nessuna ragion d’essere. Altre saranno le preoccupazioni e altri gli scenari da esplorare per rimettere l’Europa sui binari. Da oggi sarà   necessario capire cosa succederà   nel 2009, anno in cui sono previste le elezioni del Parlamento europeo e verrà   designata la nuova Commissione europea.
Anche se il disorientamento causato da questo netto «no» irlandese è stato palpabile durante il Vertice, i capi di Stato e di governo si sono riuniti a ridosso di avvenimenti di fronte ai quali l’Unione europea è chiamata a dare risposte coerenti. In primo luogo sui temi delle relazioni esterne e dei negoziati di adesione: proprio in margine al Consiglio europeo è stato firmato l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) con la Bosnia Erzegovina, passo concreto per il Paese sulla strada dell’adesione all’Unione europea in una prospettiva estesa, con tempi diversi, a tutti i Paesi dei Balcani.
Non solo, ma sono stati fatti anche passi avanti nei negoziati di adesione con la Turchia e la Croazia. Per quest’ultima, si è trattato dell’apertura di due nuovi capitoli sensibili e importanti: la libera circlazione dei lavoratori e la politica sociale e dell’occupazione. Per quanto riguarda la Turchia, i cui negoziati, come si sa, sono alquanto più problematici, sono stati aperti due nuovi capitoli sul diritto delle società   e della proprietà   intellettuale. Progressi dunque sul fronte dei negoziati d’adesione, anche se, è importante segnalarlo, la Turchia continua a sperare di poter aprire anche il capitolo cruciale dell’educazione e della cultura.
L’interrogativo immediato è quindi quello di capire in che modo l’Unione europea potrà   continuare i negoziati senza disporre oggi degli strumenti adeguati per nuove adesioni. Il Trattato di Lisbona, lo ricordiamo, anche se non aveva la portata politica di una Costituzione, offriva all’Europa la possibilità   di mantenere aperte le sue attuali frontiere, di garantirle un posto di rilievo sulla scena mondiale e di metterla nelle condizioni di funzionare e di decidere. Ma forse, questa è una delle ragioni che hanno alimentato, in parte, le paure dei cittadini irlandesi.
Più immediato e vicino a tutti i cittadini europei, il problema dell’aumento dei prezzi delle derrate alimentari e dei carburanti. In una Bruxelles paralizzata da manifestazioni di agricoltori e camionisti sotto il peso dell’aumento del prezzo del petrolio e dei cereali, i capi di Stato e di governo hanno discusso delle conseguenze di tali aumenti per questioni quali la politica agricola comune, la politica commerciale, la politica energetica i cambiamenti climatici, la politica di cooperazione allo sviluppo.
In primo piano anche le immediate conseguenze dei rincari per i cittadini europei che, con giustificata apprensione, vedono ridursi il loro potere d’acquisto e, in molti casi, vedono concretizzarsi difficoltà   obiettive ad arrivare alla fine del mese.
Se le richieste del Consiglio europeo alla Commissione hanno riguardato in particolare iniziative volte ad arginare le conseguenze sociali sui cittadini più vulnerabili, nulla di concreto e di condiviso è scaturito per quanto riguarda misure piu’ decisive al riguardo, come ad esempio nel campo fiscale.
Tra incertezze sul futuro dell’Unione e problemi reali di oggi, il Consiglio europeo si riunirà   di nuovo in ottobre. Alla nuova presidenza francese il compito di esplorare tutte le possibilità   per dotare l’UE di uno strumento essenziale per esistere ma anche di riportare l’Europa, se non nel cuore, almeno all’attenzione dei suoi cittadini.

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