Consiglio Europeo: sul clima un accordo vago

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Accordo di massima sul contributo finanziario dell’UE nella lotta ai cambiamenti climatici, ma «condizionale a sforzi comparabili di altri attori chiave», concessioni alla Repubblica Ceca sul Trattato di Lisbona e un approccio più coordinato su immigrazione e asilo, queste le principali decisioni del Consiglio Europeo svoltosi nei giorni 29-30 ottobre.
Sulla questione climatico-ambientale, in particolare, il compromesso tra i 27 capi di Stato e di governo dell’UE è giunto dopo una lunga trattativa, con i nuovi Stati membri che hanno fatto resistenza a prendere impegni finanziari definiti da destinare ai Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Così, mentre la Commissione Europea aveva indicato una cifra di 5-7 miliardi di euro per i prossimi tre anni, il Consiglio Europeo ha stabilito che l’importo da destinare ai PVS sarà   determinato «alla luce dell’esito della Conferenza di Copenaghen». In sostanza, l’impegno dell’UE è confermato ma solo se faranno lo stesso le altre potenze mondiali: «Tutti i Paesi, salvo quelli meno avanzati, dovrebbero contribuire al finanziamento pubblico internazionale secondo un criterio di ripartizione globale e completo, basato sui livelli di emissione e sul PIL, per rispecchiare sia la responsabilità   delle emissioni globali sia la capacità   contributiva, con un peso significativo sui livelli di emissione» si legge nelle conclusioni del Consiglio, che approva la stima della Commissione di circa 100 miliardi di euro entro il 2020 quale costo totale della mitigazione e dell’adattamento dei PVS, «da sostenere mediante la combinazione dei loro sforzi propri, il mercato internazionale del CO2 e i finanziamenti pubblici internazionali», ma solo «sulla base di un’equa ripartizione degli oneri a livello globale in linea con il criterio di ripartizione che deve essere convenuto dalle parti».
In merito alle questioni istituzionali dell’UE, invece, accogliendo con favore la ratifica del Trattato di Lisbona da parte di Germania, Irlanda e Polonia, «il che significa che è stato ormai approvato dai cittadini o dai Parlamenti di tutti i 27 Stati membri», il Consiglio ha tenuto conto della posizione espressa dalla Repubblica Ceca (in particolare dal suo presidente Vaclav Klaus) stabilendo di allegare al Trattato di adesione un protocollo sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’UE da parte della Repubblica Ceca, protocollo in cui è scritto che si applicano a questo Stato membro le stesse condizioni già   accordate a Polonia e Regno Unito. Questa decisione dovrebbe convincere l’euroscettico presidente ceco a firmare il Trattato di riforma che dovrebbe così entrare in vigore entro la fine dell’anno.
In materia economico-sociale, il Consiglio Europeo ha auspicato misure volte ad assicurare una ripresa economica «forte e sostenibile», convenendo sulla necessità   di un’azione coordinata europea e globale per generare «nuove fonti di crescita e maggiore occupazione». In attesa di discutere la nuova Strategia europea per l’occupazione e la crescita, rivedendo la Strategia di Lisbona che termina nel 2010, il Consiglio ha sottolineato l’importanza di riforme per rafforzare il mercato interno, fornire investimenti al settore industriale e creare posti di lavoro del futuro, promuovere maggiori scambi e rafforzare il settore finanziario.
Per quanto concerne l’immigrazione e l’asilo, il Consiglio ritiene che «una politica migratoria dell’UE di ampio respiro, lungimirante e globale, conforme al diritto internazionale, è il fondamento di azioni sostenibili a medio e lungo termine di gestione della migrazione», un’impostazione che secondo i leader europei è rispecchiata dal Programma pluriennale di Stoccolma che sarà   adottato a dicembre. Intanto sono richiesti sforzi per adottare un sistema comune di asilo, migliorare la «solidarietà   tangibile ed efficace con gli Stati membri che subiscono una particolare pressione», potenziare l’operatività   di Frontex contro l’immigrazione illegale «badando a tutelare le persone bisognose di protezione che viaggiano in flussi misti, in conformità   del diritto internazionale», intensificare il dialogo con la Libia sulla gestione della migrazione e potenziare gli accordi di riammissione «quale strumento di lotta all’immigrazione clandestina».

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