Ricucire l’Italia. Ricucire l’Europa

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In questa Italia che rischia ogni giorno di andare in pezzi e in questa Europa che molto meglio non sembra stare, tanto ci sarà   da fare per ricostruire concordia, solidarietà  , coesione sociale e ricucire comunità   pericolosamente divise, come qui in Italia rischia di accadere con chi agita, per fortuna senza successo, la bandiera di un federalismo a deriva secessionista, cercando uno strappo tra un’inesistente ‘Padania’ e il resto del Paese.
Ma non solo quello c’è da ricucire.
In Italia e in Europa deve tornare a dialogare la società   civile con la politica: la prima come espressione diretta di cittadini non sudditi e la seconda come luogo di sintesi e di azione a servizio di una nuova «cultura di governo», mille miglia lontana da quella che sta sfasciando l’Italia, anteponendo gli interessi di pochi al bene comune e – particolarità   tutta italiana – degradando le Istituzioni con comportamenti moralmente insopportabili.
Perchà© questa ricucitura avvenga, bisognerà   che la società   civile abbia l’orgoglio dei propri valori e l’umile consapevolezza delle proprie debolezze che hanno non poco contribuito anche al decadimento della politica.
Le sue debolezze sono note: dalla sua tradizionale frammentazione e litigiosità   che alimentano al suo interno una competizione ostile fino ad una discontinuità   nell’azione che ne rivela tutta la fragilità   organizzativa riducendone la capacità   di «tenere» sui tempi lunghi delle Istituzioni e della politica.
E poi c’è l’antico ritornello sulla società   civile che si ribella e non propone, come se una cosa escludesse l’altra e come se, in un momento come questo in Italia, non fosse indispensabile rivoltarsi contro l’attuale politica per farne rinascere una nuova e risanare il Parlamento dalle sue patologie. Che sono tante: dalla «casta» aggrappata al potere, e ormai non più in grado di rinnovarsi, alla corruzione diffusa, dall’assenza di una visione politica di lungo periodo all’incapacità   di assumere decisioni anche impopolari quando necessario fino alla subordinazione degli interessi della comunità   a quelli di pochi privilegiati e, in qualche caso, anche agli interessi di uno soltanto. La terapia per risanare questa politica sarà   un’impresa difficile, che dovrà   passare attraverso la crescita di una nuova classe dirigente, un progetto politico ambizioso ma anche realistico visti i chiari di luna delle finanze pubbliche e dell’economia e, soprattutto, il coraggio del compromesso quando la politica – e le regole della democrazia – richiedono un consenso ampio e la concordia che ha recentemente evocato con insistenza il Presidente Napolitano.
Se tutto questo – nella politica e nella società   civile – tornasse a funzionare, allora altre ricuciture diventerebbero possibili.
Quella tra passato e futuro nella storia di un’Italia e di un’Europa che non hanno ancora assolto per intero ai doveri di una memoria comune e si muovono incerti e divisi verso un futuro che richiede invece determinazione e unità  .
Insieme con questa ricucitura dovrà   avvenire anche quella tra le generazioni: quella dei più anziani che hanno sì contribuito alla ricostruzione dell’Italia e dell’Europa, ma che si sono portati via una bella fetta della ricchezza creata e anche qualcosa di più, accumulando negli anni il macigno del debito pubblico che è iniquo oggi chiedere soltanto ai più giovani di pagare, come ancora ha fatto l’ultima manovra finanziaria italiana. I conti i giovani li sanno fare e non stupisca se adesso, nelle strade e nelle piazze, il conto lo presentano – per ora pacificamente – al Paese, a chi lo (s)governa e alle generazioni che li hanno preceduti.
Tanto avrà   da ricucire chi governa, e governerà   questo Paese, per dare vita ad una politica economica che ci faccia uscire da questa «decrescita infelice» con i disastri della povertà   crescente, della disoccupazione e delle mille forme di precariato e di disagio sociale, coniugando risposte tempestive alle emergenze con investimenti sullo sviluppo futuro, rafforzando – e non riducendo come sta avvenendo da tempo – gli interventi nella formazione e nella ricerca.
Molto ci sarà   da ricucire per ritrovare la strada della coesione sociale, non solo tra nord e sud dell’Italia e dell’Europa, ma anche tra cittadini italiani e cittadini – perchà© anche loro lo sono – arrivati tra di noi per sfuggire alla guerra e alla fame e, spesso, anche per fare lavori che noi non vogliamo più fare. Tra l’altro, già   le prime statistiche ci dicono che gli «stranieri» con le loro tasse – che pagano probabilmente più di noi – saranno un sostegno indispensabile ai conti del nostro traballante sistema di protezione sociale.
E, infine, indispensabile e urgente sarà   ricucire l’Italia all’Europa e anche l’Unione Europea con i suoi attuali 27 Paesi membri, con quelli che ci raggiungeranno nei prossimi anni e con quelli a noi vicini, in particolare nell’area calda del Mediterraneo. Il tutto anche rivedendo i Trattati UE, come pare si stia convincendo a fare anche Angela Merkel d’intesa con Nicolas Sarkozy e l’ormai consueta latitanza dell’Italia.
Molto ci sarà   da fare per risalire la china in un’Italia che sessant’anni fa fu tra i Paesi fondatori di quella che sarebbe poi diventata l’Unione Europea e oggi vi galleggia sui bordi, con i conti pubblici tenuti in vita dalla Banca Centrale Europea, sorvegliata a vista dalla Germania.
Molta strada ha fatto in questi sessant’anni l’Unione Europea: lei, per molti aspetti salendo verso l’alto e l’Italia, in questi ultimi anni, precipitando molto verso il basso.
Per farci risalire non basteranno gli sforzi ammirevoli del Presidente Napolitano, poco si puಠcontare su chi ci governa, molto dipenderà   dai cittadini non sudditi che qui da noi stanno cercando di « ricucire l’Italia» e dai nostri concittadini nei 27 Paesi UE che, il 15 ottobre in tutto il continente, si mobiliteranno per «ricucire l’Europa».

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