Rapporto OCSE sul divario salariale fra ricchi e poveri

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L’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ha presentato il 5 dicembre scorso uno studio intitolato “Divided we stand: why inequality keeps rising” sul crescente divario salariale nei paesi OCSE.
Il rapporto sottolinea che il reddito medio del 10% delle persone più ricche è oggi nove volte superiore a quello del 10% delle persone più povere. Il divario di reddito è cresciuto anche in Paesi di tradizione egualitaria come la Germania, la Danimarca e la Svezia ed è passato da un rapporto di 5 a 1 negli anni ’80 a un rapporto da 6 a 1 oggi. Il divario è da 10 a 1 in Italia, Giappone, Corea e Regno Unito e raggiunge livelli da 14 a 1 in Israele, Turchia e Stati Uniti.
Nel presentare il rapporto a Parigi, il Segretario Generale dell’OCSE ha detto «Il contratto sociale si sta disgregando in molti paesi. Lo studio rimette in discussione l’ipotesi che i benefici della crescita economica possano ricadere automaticamente sulla popolazione più svantaggiata (…). Senza una strategia coerente per una crescita inclusiva, le disuguaglianze non faranno altro che aumentare…»
La causa principale che spinge l’aumento del divario del reddito è stata la crescente disguaglianza nei salari fra le persone più qualificate e che hanno beneficiato maggiormente dei progressi tecnologici e le persone meno qualificate. Le riforme per rilanciare la competitività   e rendere i mercati del lavoro più adeguati, ad esempio attraverso il lavoro temporaneo, il part-time o una maggiore flessibilità  , hanno certamente aumentato la produttività   e creato più occupazione, in particolare per le donne e per i lavoratori meno pagati, ma hanno anche esteso il divario salariale.
Le imposte sui redditi e i sussidi sociali hanno avuto un ruolo importante nella redistribuzione del reddito, ma sono diventati meno efficaci a partire dalla metà   degli anni ’90. Le ragioni principali sono la diminuzione dei sussidi in quasi tutti i paesi OCSE, l’adozione di regole più severe per contenere le spese di protezione sociale e un crescente squilibrio fra, da una parte, i trasferimenti di sussidi sociali verso le persone più svantaggiate e dall’altra la crescita dei redditi. Il risultato è che, negli ultimi 15 anni, il sistema dei sussidi sociali è diventato sempre meno efficace nel ridurre le disparità   di reddito.
Un altro fattore importante è stata la riduzione dell’imposizione fiscale per i redditi più elevati.
Il rapporto indica infine alcune raccomandazioni politiche essenziali per i Paesi dell’OCSE:
à¢à¢â€š¬à‚¢l’occupazione è il modo migliore per ridurre le disparità  . E’ necessario creare posti di lavoro migliori, che offrano buone prospettive di carriera e la possibilità   concreta di sfuggire alla povertà  ;
à¢à¢â€š¬à‚¢à© essenziale investire nelle risorse umane, fin dalla prima infanzia e per tutto il periodo dell’istruzione obbligatoria. Una volta realizzata la transizione dalla scuola al lavoro, occorre fornire incentivi sufficienti affinchà© tanto i lavoratori che i datori di lavoro investano nelle competenze lungo l’intero arco della vita lavorativa;
à¢à¢â€š¬à‚¢la riforma delle politiche fiscali e previdenziali costituiscono lo strumento più diretto per accrescere gli effetti redistributivi. Perdite ampie e persistenti di reddito per i gruppi a basso reddito in coincidenza con le fasi recessive evidenziano l’importanza del ruolo degli ammortizzatori sociali, dei trasferimenti pubblici e delle politiche di sostegno del reddito;
à¢à¢â€š¬à‚¢la quota crescente di reddito per la popolazione con le retribuzioni più elevate suggerisce che la capacità   contributiva è aumentata. In tale contesto, le autorità   potrebbero riesaminare il ruolo redistributivo della fiscalità   onde assicurare che i soggetti più abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri impositivi;
à¢à¢â€š¬à‚¢l’offerta di servizi pubblici gratuiti e di qualità   elevata in ambiti quali l’istruzione, la sanità   e l’assistenza familiare riveste un ruolo importante.
Il rapporto contiene inoltre alcuni note più specifiche per alcuni paesi.
Per quanto riguarda l’Italia, la nota sottolinea che la disuguaglianza dei redditi tra le persone in età   lavorativa è aumentata drasticamente nei primi anni ’90 e da allora è rimasta ad un livello elevato.
La disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei paesi OCSE e si trova al terzo posto dopo Cile e Israele. Nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 Euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4.877 Euro) indicando un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà   degli anni Novanta.
Le principali constatazioni dell’OCSE sull’Italia sono le seguenti:
à¢à¢â€š¬à‚¢la proporzione dei redditi più elevati è aumentata di più di un terzo. L’1% più ricco degli italiani ha visto la proporzione del proprio reddito aumentare del 7% del reddito totale nel 1980 fino a quasi del 10% nel 2008. Allo stesso tempo, le aliquote marginali d’imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate passando dal 72% nel 1981 al 43% nel 2010.
à¢à¢â€š¬à‚¢L’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro: la loro quota sul totale dei redditi è aumentata del 10% dalla metà   degli anni Ottanta e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi più alti, al contrario di molti altri Paesi OCSE.
à¢à¢â€š¬à‚¢La redistribuzione attraverso i servizi pubblici è diminuita. Sanità  , istruzione e servizi pubblici destinati alla salute contribuiscono a ridurre di circa un quinto la disuguaglianza di reddito. Gli stessi servizi contribuivano per circa un quarto nel 2000. La spesa sociale in Italia è basata prevalentemente su trasferimenti pubblici, come ad esempio i sussidi di disoccupazione, piuttosto che sui servizi.
à¢à¢â€š¬à‚¢Imposte e sussidi compensavano metà   dell’aumento dela disuguaglianza del reddito da lavoro e da capitale (che include gli stipendi lordi, i risparmi e il reddito da capitale) prima della metà   degli anni Novanta. Da allora hanno compensato quasi interamente l’aumento della disuguaglianza del reddito da lavoro e da capitale.

Per saperne di più

Vai alla Nota OCSE sull’Italia

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