E intanto il termometro sale …

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Si è conclusa a Durban, dopo due settimane di intense discussioni, la 17ma Conferenza della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Intorno al tavolo 194 Paesi per discutere del futuro del nostro Pianeta e in particolare del futuro del Protocollo di Kyoto e delle misure necessarie per mantenere sotto il livello dei 2°C il surriscaldamento globale della terra.
Sono state due settimane in cui i negoziati hanno, come spesso è accaduto dal 1995 in poi, messo in evidenza la difficoltà   di affrontare globalmente il tema, visti gli interessi divergenti che possono esistere fra paesi sviluppati, paesi in via di sviluppo, paesi emergenti e paesi dichiaratamente poveri.
Tuttavia, a Durban si è giunti ad un accordo dopo aver prolungato di altri due giorni la durata della Conferenza e dove ormai, dopo aver assistito a un tutti contro tutti per quindici giorni, le speranze cominciavano a lasciare il posto ad un meno roseo realismo. I risultati e l’accordo raggiunti possono grosso modo definirsi a metà   strada fra una mancanza di decisioni e impegni concreti e la necessità   di non interrompere il processo dei negoziati sul clima, unico processo permanente in seno all’ONU.
La Conferenza ha quindi deciso in sostanza due cose. La prima relativa al futuro del Protocollo di Kyoto e la seconda relativa ai contorni di un futuro accordo globale comprendente tutti i Paesi.
Il Protocollo di Kyoto, adottato nel 1997 e in vigore dal 2005 è infatti, oggigiorno, l’unico Trattato internazionale sul clima ed è giuridicamente vincolante. Scadrà   nel 2012 e fissa gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra per circa quaranta Paesi industrializzati, ad eccezione degli Stati Uniti che non hanno mai ratificato il Protocollo. Per quanto riguarda i Paesi emergenti, il Protocollo non è applicato, ad esempio, da Cina, India o Brasile.
La decisione di Durban prevede una seconda fase del Protocollo, di cui non è stata definita la durata che farà   parte di negoziati ulteriori. Il problema che si è inserito in questo rinnovo del Protocollo è comunque di una certa importanza: Canada, Russia e Giappone hanno dichiarato la loro indisponibilità   a rinnovare la loro adesione, portando i nuovi impegni vincolanti del Protocollo a circa il 15% delle emissioni mondiali.
La decisione su una seconda fase del Protocollo, con tutti i suoi nuovi limiti, è stata tuttavia legata alla prospettiva di un nuovo accordo, sulla base del quale tutti i 194 Paesi dovranno rispettare lo stesso quadro legale per quanto riguarda i rispettivi impegni nel controllo e nella riduzione dei gas a effetto serra.
Questa prospettiva di accordo, voluta in particolare dall’Unione europea che si è battuta per uno strumento giuridicamente vincolante, ha purtroppo contorni ancora molto vaghi e si limita per il momento a definirlo « un protocollo, un altro strumento legale, o una soluzione concordata che abbia forza legale ». I negoziati dovrebbero iniziare l’anno prossimo e concludersi nel 2015, in modo tale che l’accordo possa entrare in vigore nel 2020. Ma a Durban non è stato precisato quali saranno i punti di forza di un tale accordo. La decisione, per il momento, è la creazione di un gruppo di lavoro incaricato di identificare « le soluzioni per eliminare il divario che esiste fra le promesse di impegno di riduzione delle emissioni entro il 2020 e gli sforzi che andrebbero fatti per mantenere l’aumento medio delle temperature sotto i 2°C ».
E intanto il termometro sale. Secondo un recente rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, gli sforzi per mantenere la temperatura al di sotto dei 2°C non superano oggi il 60 % di quelli stimati necessari, mentre altri esperti sul clima indicano che stiamo viaggiando indisturbati verso un aumento superiore ai 3°C.
Il problema che si pone è quello di capire come salvare il Pianeta. Oggi, i nostri Paesi sono in preda ad una grave crisi economica, alla recessione, al debito sovrano. L’obiettivo rimane quello di rilanciare l’economia, ma come rilanciare l’economia senza distruggere il Pianeta ? Perchà© cio’ significa produrre meno e consumare meno. La Conferenza di Durban non ha portato spunti di riflessione al riguardo. E forse noi dovremo imparare a vivere e ad attrezzarci per vivere in un mondo più caldo, con una natura che si scatena sempre più, con i ghiacciai che si sciolgono e il livello del mare che continua a salire. A meno che si giunga ad un accordo vincolante, a consistenti riduzioni dei gas a effetto serra e ad approcci coerenti dello sviluppo economico. Auspicabilmente entro il 2020.

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