E la barca va, dove?

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L’Europa, e non solo l’Italia, sta ballando su una nave in tempesta.
Le immagini della «barca» si sono sprecate in questa stagione di turbolenze finanziarie che hanno preso di mira e continuano a minacciare alcuni Paesi europei – ma non sta meglio il bilancio federale USA – e stanno mettendo sotto pressione l’euro, per alcuni minacciandone addirittura la sopravvivenza.
Nel chiedere a maggioranza e opposizione di permettere alla recente manovra finanziaria di giungere rapidamente in porto, il ministro dell’Economia non ha esitato ad evocare il dramma del Titanic, la nave improvvisamente affondata nell’aprile del 1912 con oltre mille vittime tra i passeggeri e gli ottocento uomini di equipaggio. Il paragone, a prima vista indovinato, non ha mancato di suscitare qualche ironia tra i commentatori politici: un po’ perchà© nella tragedia se la sono meglio cavata i passeggeri di prima classe, un po’ perchà© all’equipaggio del Titanic è andata peggio di quanto non sia andata all’equipaggio «casta» della politica, appena sfiorata dai tagli della Finanziaria.
Intanto la manovra è andata in porto con tempi insolitamente brevi, grazie anche a una opposizione richiamata al senso di responsabilità   nazionale invocato dal presidente della Repubblica e poco opportunamente non riconosciutole dal presidente del Consiglio che pure ne aveva miracolosamente beneficiato. Ma si sa, la riconoscenza non è un ingrediente della politica e c’è da scommettere – e anche da sperare – che l’opposizione se ne ricorderà   e presto.
Che il risultato abbia rassicurato i mercati non è certo, vista l’esplosione del differenziale tra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi balzati a 300 punti e gli interessi che l’Italia dovrà   pagare per gli ultimi titoli pubblici collocati la settimana scorsa a un tasso di quasi il 6%. Diranno i giorni e le settimane che verranno – e l’estate per la speculazione è un periodo particolarmente insidioso – se il pericolo è passato o se è solo bonaccia prima di un’altra tempesta.
Da Bruxelles sono arrivate parole di approvazione e d’incoraggiamento, nell’attesa di vedere che cosa capiterà   veramente nel biennio 2013-2014 su cui è stata spostata la maggior parte dei tagli, non a caso dopo le elezioni del 2013, sempre che queste non siano anticipate.
Ma è anche Bruxelles che, in questa congiuntura difficile, non merita particolari elogi e non rassicura l’inquietudine diffusa dei cittadini europei. Mentre la casa brucia – in Grecia, ma non solo – le istituzioni europee continuano a ritardare le loro risposte, con la sola eccezione della Banca Centrale Europea, rischiando di consentire all’incendio di propagarsi, fino a mettere in pericolo l’euro e il futuro della stessa Unione Europea.
Ne è stata una prova il rinvio del Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo che avrebbe dovuto tenersi il 15 luglio e che è stato rinviato al 21 luglio, con un ordine del giorno sobrio ma inquietante: «Stabilità   finanziaria della zona euro e futuro finanziamento del programma greco». Inquietante perchà© fino a qualche giorno fa solo il secondo punto era previsto all’ordine del giorno ma, dopo la speculazione che ha colpito l’Italia la settimana scorsa, al primo posto è passato un tema anche più urgente, a riprova che la turbolenza ha dimensioni europee e come tale va affrontata. Questo spiega, tra l’altro, l’irrituale telefonata della Cancelliera tedesca al presidente del Consiglio italiano per chiedergli di intervenire rapidamente, anche in considerazione del fatto che la zavorra del debito pubblico italiano pesa sul debito pubblico dell’area euro per quasi un quinto, oltre cinque volte quello greco e più di dieci volte quello irlandese e portoghese.
Di questi ritardi porta una grande responsabilità   la Germania, insieme con la Francia e il Regno Unito, al punto da far venire in mente lo humour inglese del romanzo di Jerome Klapka Jerome, «Tre uomini in barca», se non addirittura e più severamente l’opera del tedesco Sebastian Brant, a cavallo tra 1400 e 1500, «La nave dei folli», satire brevi sulla debolezza e vizi del tempo.
All’attuale situazione forse perಠmeglio si addice il richiamo che fece Altiero Spinelli, in un suo memorabile discorso al Parlamento Europeo, al romanzo di Ernest. Hemingway «Il vecchio e il mare». Vi si racconta la straordinaria avventura di un vecchio pescatore che esce in mare aperto con una fragile barchetta a vela – «La vela era rattoppata con sacchi di farina e quando era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne»- e cattura, dopo aspra lotta, il più grande pesce che avesse mai sognato. Ma nel rientrare a riva, felice per il suo trofeo, deve fare i conti con gli squali che del suo pesce non gli lasciano che lo scheletro.
Spinelli vi lesse allora la metafora dell’avventura dell’unificazione europea, una grande conquista a rischio di progressiva erosione: un romanzo che, se i responsabili europei leggessero, sarebbe ancora oggi ricco di stimoli e che ci sentiamo di consigliare – con le altre opere citate sopra – tra le letture estive.

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