Allargamento 2004: restrizioni solo più in Germania e Austria

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I governi di Belgio e Danimarca hanno deciso di aprire i mercati del lavoro dei loro Paesi ai lavoratori provenienti da otto Stati membri dell’Europa centrale e orientale, per la terza e finale fase delle disposizioni transitorie.
Germania e Austria hanno invece informato la Commissione Europea di voler continuare ad applicare fino al 30 aprile 2011 le restrizioni per l’accesso ai loro mercati del lavoro di lavoratori dell’Europa centro-orientale. Il Regno Unito continua ad applicare il suo programma di registrazione dei lavoratori, mentre la Danimarca aprirà   il suo mercato del lavoro anche ai lavoratori bulgari e rumeni.
Va ricordato che il primo maggio segna l’inizio degli ultimi due anni delle disposizioni transitorie che permettono agli Stati membri dell’UE di limitare la libera circolazione dei lavoratori provenienti da otto dei dieci Paesi entrati a far parte dell’UE nel 2004 (cioè tutti meno Cipro e Malta). Tali disposizioni possono essere infatti applicate per un massimo di sette anni a partire dal maggio 2004, quando avvenne il più grande allargamento dell’UE: a meno che uno Stato membro non avesse comunicato alla Commissione serie turbolenze e minacce del suo mercato del lavoro derivanti dal flusso di questi lavoratori, le misure transitorie dovevano perಠterminare il 30 aprile 2009 e quindi essere applicata la normativa comunitaria sulla libera circolazione dei lavoratori, che tra l’altro rappresenta una delle quattro libertà   fondamentali dell’UE. Cinque anni dopo l’allargamento del 2004, solo Germania e Austria hanno chiesto che i lavoratori degli otto Stati membri continuino a presentare domanda per ottenere un permesso di lavoro prima di iniziare a lavorare.
Intanto, un Rapporto appena pubblicato che fa il punto sull’impatto economico e occupazionale della mobilità   lavorativa da Est a Ovest dell’UE in questi cinque anni di allargamento, conferma i benefici in termini di crescita economica rilevati sia nei Paesi di provenienza che in quelli di destinazione dei lavoratori. Analizzando l’impatto a livello regionale e nazionale della mobilità   lavorativa sui mercati del lavoro, sui dati macroeconomici, sulle finanze pubbliche e sul capitale umano, il Rapporto evidenzia inoltre come la mobilità   dei lavoratori non abbia pesato in modo sproporzionato sui sistemi di welfare dei principali Paesi riceventi e non abbia assolutamente creato disturbi rilevanti ai mercati del lavoro degli Stati membri.

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