2011 – L’anno delle rivoluzione e degli indignados

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Si è chiuso il 2011, anno di grandi cambiamenti sulla scena internazionale e anno emblematico di importanti anniversari che non hanno ancora finito di svelare tutto il loro potenziale in termini di conseguenze nei cambiamenti geopolitici del Pianeta.
Sono infatti trascorsi  vent’anni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, dieci anni dall’attentato alle Torri Gemelle di New York e dall’inizio della guerra in Afghanistan, tre avvenimenti che hanno cambiato il mondo sia nelle relazioni fra Est e Ovest, sia nelle relazioni fra Sud e Nord del mondo. E’ all’incrocio di questi avvenimenti non troppo lontani, che anche il 2011 porta il suo carico di storia politica ed economica.
Inizia infatti con le inattese e coraggiose Rivoluzioni nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, che hanno visto scendere in piazza popolazioni alla ricerca di libertà, democrazia, dignità e migliori condizioni di vita. Tunisia ed Egitto, dopo la cacciata dei rispettivi Presidenti-dittatori, al potere anche con un non velato sostegno delle nostre democrazie occidentali, hanno già intrapreso il difficile cammino del cambiamento con le prime elezioni libere, riportando sulla scena nuovi Governi con interlocutori di chiaro profilo islamico. Dopo lunghi mesi tra guerra civile e intervento militare NATO, anche il colonnello Gheddafi è uscito di scena dopo il suo quarantennale potere in Libia, lasciando aperti i futuri scenari politici in uno dei Paesi più ricchi di gas e petrolio della regione.  Le manifestazioni di opposizione al regime, iniziate in marzo, sono invece tuttora in corso in Siria. Secondo l’ultimo rapporto dell’ONU, le vittime sono ormai più di cinquemila e non si registrano segni di debolezza nelle proteste e nella determinazione del popolo siriano a rovesciare Bachar Al Assad. Nonostante l’invio di osservatori da parte della Lega araba per contribuire a mettere fine alle violenze del regime, la posizione strategica della Siria, gli irrisolti confini con Israele sulle alture del Golan, l’appoggio dell’Iran e, fino a qualche giorno fa anche della Russia, hanno finora dissuaso la comunità internazionale da qualsiasi intervento che non fosse di natura economica, tanto sono imprevedibili le conseguenze sulla stabilità della regione. Una regione con al centro Israele che, con i cambiamenti politici in corso si sente sempre più isolato e minacciato, senza tuttavia prendere in considerazione la ripresa di veri negoziati di pace per risolvere il suo più antico conflitto con i Palestinesi. E senza sottovalutare poi la posizione dell’Iran nella regione che, malgrado le sanzioni  internazionali, non intende fermare il suo programma nucleare e  ha fatto spirare, nelle ultime settimane dell’anno, venti preoccupanti di guerra con la minaccia di chiudere lo stretto di Ormuz e rinnovate intenzioni egemoniche nella regione.
Il 2011 ha visto anche la morte di Osama Bin Laden in Pakistan per mano USA e il ritiro definitivo  delle truppe americane dall’Iraq, mettendo fine ad una guerra iniziata nel 2003. Gli Stati Uniti lasciano un paese ancora in preda ad una grande instabilità, a violenze e nuove tensioni fra sciiti e sunniti. I futuri sbocchi politici dell’Iraq avranno senza dubbio un loro peso nella nuova configurazione geopolitica dell’intera regione e anche al di là di essa.
Gli ultimi giorni dell’anno sono stati inoltre segnati da inaspettate e imponenti manifestazioni in Russia dopo i brogli alle elezioni legislative del 4 dicembre scorso. A migliaia i russi sono scesi in piazza a Mosca e a San Pietroburgo per dimostrare la crescente opposizione al regime imposto da Vladimir Putin da dieci anni a questa parte.  Manifestazioni di una tale importanza non si erano mai registrate in Russia dalla caduta del regime sovietico e lasciano aperti, anche qui, nuovi scenari per l’anno prossimo, anno delle elezioni presidenziali a cui punta lo stesso Putin.
Ma anche negli Stati Uniti, il 2011 ha segnato l’emergere di un inedito movimento sociale di protesta: “Occupy Wall Street”. Movimento eterogeneo ma composto in maggioranza da giovani che, come in Europa, subiscono gli effetti disastrosi della crisi finanziaria ed economica e che, forse per la prima volta dopo tanti anni, vedono addensarsi nubi minacciose sul loro futuro, economico e democratico, ponendo fine al sogno americano.
Ed infine, il Natale 2011, come quello del 2010, è stato segnato dalle bombe in Nigeria contro chiese cristiane. Causando decine di morti e numerosi feriti, l’ennesimo attentato attribuito alla setta islamista radicale BokoHaram ha riportato sotto i riflettori la violenza religiosa e l’ombra inquietante di Al Qaeda.
Questo, in sintesi, il bilancio sulla scena internazionale dell’anno appena trascorso. Non sappiamo quali saranno gli sbocchi sul 2012, ma sappiamo già che in un futuro ravvicinato vi saranno  importanti transizioni ed elezioni, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Francia alla Germania. Senza dimenticare la Cina che ha già programmato, con un certo anticipo, le sostituzioni alla testa del potere.

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