Troppe «emergenze», mentre l’Europa ci guarda

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A scorrere i giornali in queste ultime settimane viene da pensare che, a ondate successive, si scarichino sul Paese «emergenze» a ritmo così elevato da cancellarsi l’un l’altra in una folle girandola di drammi a cui rischiamo di abituarci.
Qualche mese fa l’Italia sembrava sull’orlo del fallimento dei conti pubblici salvo scoprire, grazie anche a severe verifiche internazionali, che il deficit era rientrato oltre le migliori previsioni. A dare ben altra consistenza al dramma italiano, la strage alla Thissen-Krupp di Torino e le molte vittime quotidiane sul lavoro, per una vera ecatombe che nel 2007 ha causato oltre mille morti. Senza contare il «tranquillo» ripetersi di violenze e omicidi in famiglia e dintorni, con grande gioia della cronaca giornalistica e del cinismo televisivo. Il Natale ha poi portato «in regalo» l’inesauribile giacimento di mondezze varie nell’area campana, da quella dei rifiuti a quella della malapolitica segnalata ancora una volta dalla magistratura. Era inevitabile, oltre che doveroso, che di alcune di queste cosiddette emergenze se ne occupassero anche le istituzioni europee.
Per una singolare coincidenza, proprio i temi realmente drammatici delle morti sul lavoro e dei rifiuti di Napoli sono stati oggetto di dibattito il 15 gennaio nell’Aula europarlamentare di Strasburgo.
Difficile darne conto nel dettaglio, tanti sono stati gli interventi e molto divergenti le valutazioni politiche espresse. Ma alla lettura degli atti parlamentari una cosa colpisce fra tutte: nel caso della sicurezza sul lavoro si è trattato di un civile e responsabile dibattito «europeo», con la partecipazione di tutte le componenti politiche e nazionali rappresentate in Parlamento. Nel caso dei rifiuti di Napoli, invece, a parte il severo intervento del commissario europeo all’Ambiente Stavros Dimas, il dibattito ha registrato la sola ed esclusiva partecipazione degli europarlamentari italiani.
Una ventina di interventi in gran parte destinati a rigettare la responsabilità   sulle altre parti politiche o a dire che, vista «dalla Padania che paga le tasseà¢à¢â€š¬à‚¦la situazione della Campania sembra fantascienza», con il penoso risultato di disegnare un Paese rissoso ed irresponsabile. Nessun altro parlamentare delle altre ventisei nazionalità   ha messo il naso in una simile realtà   maleodorante, considerandola probabilmente «cosa nostra», magari anche senza speranza di venirne fuori tanti sono ormai gli anni che l’Europa ci richiama all’ordine senza apprezzabili risultati.
Adesso, come impone il Trattato sulla base della direttiva del 2006 sui rifiuti, la Commissione europea ci riprova, non accontentandosi più di una soluzione alla cosiddetta emergenza in corso, ma esigendo – insieme con «immediati provvedimenti per la raccolta dei rifiuti» – una strategia per la loro gestione a lungo termine che comporti una rete di raccolta e smaltimento efficace e la promozione del riciclaggio e della raccolta differenziata.
Interessante a questo proposito la lettura delle note scambiate dalla Commissione europea con il governo italiano, destinatario già   il 27 giugno 2007 di una procedura di infrazione con una lettera di messa in mora nei confronti della Repubblica italiana che esigeva una risposta entro la fine di luglio. Sarà   stato il periodo estivo o i bizantini dibattiti sulla legge elettorale, il risultato è che la Commissione europea si è vista costretta in data 17 ottobre a reiterare la sua richiesta con una lettera di «messa in mora complementare» dell’Italia, questa volta dandole due mesi di tempo per far conoscere la sue osservazioni a un’analisi molto argomentata e severa dell’esecutivo europeo.
Non è necessario ora aspettare che a fine mese la Commissione europea valuti la serietà   e praticabilità   della risposta italiana per capire in quale considerazione sia oggi tenuto il nostro Paese da parte dell’UE. E non solo per le nostre decennali infrazioni alle regole liberamente convenute o per il recente «spettacolo» dato nel Parlamento europeo, ma anche per gli incessanti rinvii di responsabilità   e forse più ancora per la penosa mancanza di solidarietà   nazionale di cui hanno dato prova le diverse articolazioni dello Stato italiano.
Il confronto tuttora in corso tra gli enti locali italiani, chiamati a contribuire a una soluzione della vicenda campana, genera una silenziosa ma pesante perplessità   tra i nostri partner europei. Non stupisce che si stiano chiedendo se dell’Europa faccia parte un’Italia unitaria o un gruppo scomposto di Regioni e Province che dall’UE rivendicano solidarietà   nella distribuzione di risorse comunitarie ma a qualunque pretesto ricorrono pur di non praticarla fra di loro.

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