Solo sfortuna, povero Sarkozy?

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Qualche giorno fa, uno dei più importanti quotidiani francesi, meno asserviti di molti nostri al potente di turno, non ha esitato a mettere in prima pagina e a caratteri cubitali un titolo breve e chiaro: “Sarko la poisse” che tradotto in un italiano popolare equivale a: “Sarkozy la iella”. Sullo sfondo del titolo sventolava la bandiera dell’UE e il riferimento era all’avvio del semestre di presidenza francese dell’UE. Titolo forse impertinente, ma gli argomenti ci sono tutti per disegnare il percorso sfortunato che attende Nicolas Sarkozy, e con lui l’Europa, in questo semestre da cui ci si attendevano grandi passi in avanti per l’UE.
Doveva essere il semestre che portava a conclusione il processo di ratifica del Trattato di Lisbona e l’UE ha incassato il «no» del referendum irlandese, il rifiuto di firmare la ratifica da parte del presidente polacco Lech Kaczynski (sopravvissuto, a differenza del fratello gemello Jarosàƒâ€¦à¢â‚¬Å¡aw, alle elezioni politiche dell’ottobre 2007), e la minaccia di una scelta analoga da parte del presidente della Repubblica Ceca Và ¡clav Klaus. Per fare buon peso, nel Regno Unito e in Germania si aspetta il pronunciamento delle rispettive Corti costituzionali e in altri sei Paesi, tra cui l’Italia, si è in attesa della ratifica.
La mancata adozione del Trattato entro l’anno priva Sarkozy di un’occasione d’oro per orientare la ricomposizione delle massime responsabilità   europee, dalla presidenza della Commissione a quella del Consiglio europeo e del suo rappresentante per la Politica estera e di numerose altre postazioni in Europa e nel mondo, dove peraltro non si affacciano credibili candidature italiane.
Ma questo semestre doveva anche essere per Sarkozy l’occasione di proporsi come protagonista per altri importanti obiettivi politici europei. A cominciare dal lancio ufficiale, proprio in questi giorni, dell’Unione per il Mediterraneo: un’iniziativa azzoppata fin dalla nascita dall’opposizione della Germania e dal tiepido sostegno dei Paesi del sud dell’UE che sul Mediterraneo non condividono lo stesso disegno del presidente francese.
Aveva il superattivo Sarkozy almeno altre quattro grandi priorità   in programma: la politica energetica e ambientale, il patto europeo per l’immigrazione, la riforma della Politica Agricola Comune (PAC) e il rilancio della Politica Europea di Sicurezza e di Difesa. Come se non bastasse, Sarkozy si era esposto, e non poco, in questi ultimi giorni su altri due temi molto sensibili: una riduzione dell’IVA su importanti prodotti, come i carburanti, e l’invito, non senza qualche buona ragione, alla Banca Centrale Europea (BCE) a temperare il suo tradizionale rigore. Come sia andata l’abbiamo visto la settimana scorsa: la BCE ha aumentato i tassi per raffreddare l’inflazione con il rischio di frenare ulteriormente un’economia già   in crisi. Quanto alle riduzioni fiscali, l’UE ha rispedito al mittente, così come ha fatto e farà   con l’Italia, la richiesta francese motivando le sue riserve con lo stato della finanza pubblica d’oltralpe oltre che con i timori di veder ridotto il gettito fiscale in favore del bilancio comunitario.
Non sta andando meglio per le quattro priorità   della presidenza francese dell’UE. Sulla politica ambientale raccordata alla politica energetica il momento è difficile e più di uno Stato membro, tra cui l’Italia, frena rispetto agli obiettivi fissati per il 2020 dal «pacchetto energia» adottato a gennaio 2008: riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra del 20%, innalzamento al 20% della quota di energie rinnovabili e miglioramento della capacità   energetica del 20%. Nella sua sfortuna Sarkozy ha perಠanche, nel pieno della turbolenza energetica, un’opportunità   da cogliere, a patto che i Paesi dell’UE non corrano alle «pompe» ognuno per conto proprio.
Sul fronte caldissimo, in Italia in particolare, dell’immigrazione i ritardi nella ratifica del Trattato di Lisbona impattano pesantemente, non consentendo per ora progressi per politiche comuni, salvo per misure repressive come nel caso della discutibile direttiva sulle espulsioni.
Sfortunata anche la congiuntura in cui si lavora alla riforma della PAC, stretta tra la crisi alimentare mondiale e l’esigenza di concludere i negoziati in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO) e le prospettive di rilancio di una Politica Estera e di Difesa Comune. Per ora la Francia ha pagato il prezzo del suo rientro nella NATO ma dovrà   aspettare ad incassarne gli eventuali benefici visto il permanere di importanti divergenze con i partners europei, tutti in attesa del risultato delle elezioni presidenziali americane.
Solo sfortuna per Sarkozy questa lista di problemi, che quasi quasi ce lo rendono simpatico come accade per il mitico Calimero, piccolo e nero? Machiavelli direbbe che la sfortuna pesa solo per metà  , l’altra metà   incombendo alla responsabilità   del potere. E qui la Francia ha qualcosa sulla coscienza: dal «no» al progetto di Costituzione all’allentamento dell’asse franco-tedesco a sostegno dell’integrazione europea fino all’eccesso di protagonismo del suo presidente. Ma qui Sarkozy lo sfortunato ha la nostra comprensione, se non altro per aver indirizzato il suo protagonismo fuori di casa sua, come altri da noi proprio non provano nemmeno a fare.

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