Quale gestione per i rifiuti radioattivi?

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Oltre 50 anni dopo l’entrata in funzione del primo reattore nucleare, nell’UE non esistono ancora depositi per lo stoccaggio definitivo dei 7000 metri cubi di scorie prodotti ogni anno, per questo la Commissione Europea ha proposto una direttiva criticata perಠdalle organizzazioni ambientaliste.
Oggi esistono complessivamente 143 centrali nucleari in 14 Paesi dell’UE. La Finlandia, la Svezia e la Francia sono gli unici Paesi che finora hanno comunicato di voler costruire i primi depositi definitivi dell’UE entro i prossimi 15 anni.
Le scorie ad alta attività   radioattiva sono la parte del combustibile esaurito ritrasformato che non puಠpiù essere riutilizzata e deve pertanto essere smaltita definitivamente: per la maggior parte sono invece conservate in depositi provvisori. I depositi provvisori sono necessari per ridurre la temperatura degli elementi combustibili e diminuire l’intensità   delle radiazioni, ma non possono costituire una soluzione di lungo termine perchà© hanno bisogno di manutenzione e sorveglianza continue. Tali depositi sono in genere ubicati in superficie o appena al di sotto, quindi esposti al rischio di incidenti come disastri aerei, incendi e terremoti. Gli scienziati e gli organismi internazionali, quali l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA), concordano sul fatto che lo stoccaggio in formazioni geologiche profonde costituisca la soluzione più appropriata per lo smaltimento di lungo termine delle scorie nucleari ad alta attività   radioattiva.
«Dato che i rifiuti radioattivi restano pericolosi anche per un milione di anni, la soluzione a lungo termine più sicura è lo stoccaggio in profondità  , che riduce i rischi connessi a incidenti, incendi o terremoti» sostiene la Commissione, che proponendo norme comuni europee di sicurezza per gestire i rifiuti radioattivi e i depositi di smaltimento in profondità   intende promuovere questa soluzione a lungo termine. Norme che, aggiunge la Commissione, si applicheranno anche ai rifiuti radioattivi prodotti nell’ambito della medicina, dell’industria e della ricerca.
Secondo la proposta normativa dell’esecutivo dell’UE, entro quattro anni dall’adozione della direttiva gli Stati membri sono tenuti a elaborare programmi nazionali comprendenti: piani per la costruzione e la gestione di impianti di smaltimento, un calendario preciso per la loro realizzazione, le tappe fondamentali e le attività   necessarie per applicare il tipo di smaltimento previsto, la valutazione dei costi e i sistemi di finanziamento prescelti. Inoltre, due o più Stati membri possono decidere di utilizzare un deposito per lo stoccaggio definitivo dei rifiuti ubicato sul territorio di uno di essi, mentre non sarà   consentito esportare scorie nucleari destinate allo smaltimento definitivo verso Paesi al di fuori dell’UE. Il processo decisionale relativo alla gestione delle scorie nucleari, sottolinea poi la Commissione, dovrà   prevedere l’informazione e il coinvolgimento dell’opinione pubblica.
Gli studi su cui si basa la proposta dell’UE ignorano perಠmolti aspetti scientifici e punti critici che riguardano la sicurezza dei depositi di scorie radioattive in profondità  , osservano varie organizzazioni ambientaliste, mentre un Rapporto di Greenpeace riporta dati noti che escludono la possibilità   di una sicura soluzione del problema dei rifiuti radioattivi. «Negli USA hanno rinunciato al deposito «geologico» dopo aver speso 9 miliardi di dollari in 15 anni. Anche in Germania hanno fallito e dovranno spostare le scorie dal deposito di Asse con miliardi di euro di costi aggiuntivi» osservano i responsabili di Greenpeace, secondo i quali «siamo di fronte a uno spreco di denaro pubblico, di tempo e di energie, impiegati in progetti dal fallimento assicurato, uno scandalo che si spiega solo con i forti interessi economici che stanno dietro all’industria nucleare». Netta la conclusione cui giunge l’organizzazione ambientalista: «Gestire rifiuti nucleari non è possibile, l’unica soluzione è non produrli».

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