Elezioni francesi: una lezione per l’Italia?

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«Comparaison n’est pas raison», dicono i nostri cugini d’oltralpe per significare che vi sono paragoni che non valgono la forza di un argomento di merito. E tuttavia è stata grande la tentazione – e molti osservatori autorevoli non vi hanno resistito – di raffrontare il recente risultato delle elezioni regionali in Francia con i possibili esiti dell’imminente voto amministrativo in Italia.
Molti i punti di contatto, infatti, tra Italia e Francia: un momento politico di grave difficoltà   per i governi nazionali, un voto da cui potrebbe dipendere il risultato delle elezioni politiche in programma in entrambi i Paesi tra due anni, un ritorno in forze della sinistra dopo il crollo delle scorse elezioni europee, una deriva astensionista inquietante per la democrazia a tutto svantaggio della maggioranza parlamentare attuale e il profilo, spesso ritenuto simile, tra il populista Sarkozy e il presidente del Consiglio italiano.
Molte perಠanche le differenze, a cominciare dal diverso e più debole ruolo delle regioni francesi rispetto a quelle italiane, dall’impianto costituzionale che fa della Francia una Repubblica presidenziale, prospettata anche da noi ma ancora di là   da venire, fino alla grande differenza tra i due Paesi per quanto riguarda il controllo dell’informazione, sicuramente più libera in Francia.
Resta perಠla rilevanza del risultato elettorale francese, che merita qualche considerazione a partire dal successo dell’alleanza delle sinistre che portano a casa tutte le regioni, con la sola eccezione dell’Alsazia, e un risultato di 22 a 1; con il 54% di adesioni, un modesto 36% al partito del presidente e il contenimento della pericolosa rimonta dell’estrema destra all’8%, percentuale comunque da non sottovalutare con i venti xenofobi che soffiano sull’Europa.
Pur considerando che non sono una novità   gli sbalzi degli umori elettorali francesi, l’inversione del consenso ha più di una spiegazione. àˆ crollato il consenso ad un presidente sovraesposto, anche mediaticamente, che ha concentrato nelle sue mani un grande potere senza riuscire a mantenere le roboanti promesse fatte al momento della sua elezione e che soprattutto non ha affrontato efficacemente la risposta alla crisi e al problema del lavoro nà© avviato le riforme annunciate, deviando l’attenzione su temi demagogici quali quello dell’identità   nazionale e l’immigrazione, che hanno finito per fare il gioco dell’estrema destra.
Nà© è sfuggita ai francesi la precarietà   in cui versano le finanze pubbliche, l’alto livello di indebitamento e i rischi che tutto questo fa pesare sul futuro del sistema di protezione sociale, con l’incombente minaccia della riforma delle pensioni.
L’«alleanza solidale» delle sinistre e dei verdi, pur restando ancora una galassia di incerta consistenza, ha ricevuto dal voto un consenso oltre quel 50% di cui non aveva più ricordo, aprendole nuove prospettive in vista delle prossime elezioni presidenziali che restano tuttavia una sfida del tutto aperta quando si ha a mente l’attuale fragilità   della coalizione vincente.
Si puಠfacilmente capire che queste ed altre caratteristiche della congiuntura politica francese abbiano indotto commenti e raffronti con la situazione italiana, tanto sembrerebbero coincidere con il profilo dell’attuale nostra congiuntura politica.
Nello scenario europeo qualcuno, per fare buon peso, non ha esitato a ricordare anche le difficoltà   in cui si dibatte Angela Merkel in Germania, senza dimenticare l’eredità   che si è trovato a gestire il nuovo governo socialista in Grecia, sul bordo della bancarotta finanziaria.
Da quanto precede è sicuramente prematuro trarre conclusioni per il nostro Paese: resta il fatto che siamo pur sempre in Europa – almeno per adesso – e che in Europa qualcosa si sta muovendo. Speriamo nella buona direzione e nell’alveo della democrazia e del rispetto delle regole, sulle quali questa nostra Europa è stata ricostruita dopo le tragedie della prima metà   del secolo scorso.

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