Wagner in Africa

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Sembrano moltiplicarsi con il passar del tempo gli interrogativi suscitati dalla marcia dei mercenari della Wagner su Mosca e dal tentativo di colpo di Stato di Prigožin del 24 giugno scorso. Sempre avvolta in una specie di mistero, tipico del Cremlino, la situazione continua a rimanere difficile da decifrare per interpretare un futuro a breve e media scadenza e, soprattutto, per interpretare quale sarà la sorte della Wagner nelle decisioni di Putin.

In questo contesto, vale la pena tuttavia guardare al ruolo che, al di là della guerra in Ucraina, hanno avuto i mercenari della Wagner in Africa, dove, in questi ultimi anni hanno certamente contribuito alla strategia russa di penetrazione nel continente. Una penetrazione dai molteplici obiettivi ed aspetti, militari, economici e politici, perseguiti e raggiunti con metodi brutali e violenti e spesso condannati dalla comunità internazionale.

Fondata nel 2014, anno dell’annessione della Crimea alla Federazione russa, la loro presenza ed i loro interventi sono stati segnalati fin dal 2015 in Siria in sostegno al dittatore Bashar al Assad e in Libia a fianco del generale Khalifa Haftar. In Africa è soprattutto in Mali, nella Repubblica Centrafricana, in Burkina Faso e in Sudan che i mercenari hanno avuto un ruolo non indifferente a fianco di dittatori e a sostegno di ripetuti colpi di stato. Sono tutti Paesi ricchi di risorse naturali di cui la Russia, oggi in particolare, ha grandemente bisogno, un aspetto che sottolinea, malgrado l’opacità del rapporto fra la Wagner e il Cremlino, quanto siano legati i rispettivi interessi. 

Significativa al riguardo la dichiarazione del Ministro degli Esteri russo Lavrov all’indomani degli eventi del 24 giugno, rassicurando che sicuramente l’attività del gruppo Wagner proseguirà in Mali e in Repubblica Centrafricana. Come e con quali prospettive è un altro interrogativo ancora senza risposta, in particolare per quanto riguarda l’inclusione del gruppo di mercenari privati nelle forze armate regolari russe. 

Nella Repubblica Centrafricana, ad esempio, l’interesse militare ed economico della Wagner è significativo. Già presenti dal 2018, è in particolare dal 2020 che il Presidente centrafricano Faustin-Archange Touadéra ha affidato ai mercenari della Wagner un ruolo non secondario per la sicurezza del Paese, cosa che gli ha consentito di rimanere al potere, di respingere tentativi di ribellione, di salvare il suo Governo e di sostituire la presenza della Francia, intenzionata a lasciare il Paese. Per la Wagner, oltre a violenze sulla popolazione, il controllo di alcune basi militari del Paese, un accesso e uno sfruttamento delle risorse naturali, in particolare delle miniere d’oro e di diamanti. 

Una situazione simile si sta verificando anche in Mali. Dopo due colpi di stato e il fallimento dell’operazione antiterrorismo Barkhane della Francia, il Mali ha lasciato campo libero alla Russia, nascosta dietro i mercenari della Wagner. In questo contesto, la giunta militare al potere a Bamako ha infatti chiesto il ritiro “senza indugio” della missione di pace delle Nazioni Unite, la MINUSMA, presente dal 2013 nel Paese. Cosa accettata all’unanimità il 30 giugno scorso dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. 

La presenza e gli obiettivi della Wagner non si discostano da un modello che sembra consolidarsi sempre più: sostenere governi autoritari in cambio di accesso a terre preziose. Il Mali possiede molto oro ed è uno dei maggiori produttori del continente africano. Stesso scenario anche in Sudan, in preda ad una guerra fra generali al potere e dove la Wagner si è schierata a fianco del generale che controlla le miniere d’oro.

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