Vertice di Copenhagen: uno spettacolo penoso

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«Una Conferenza internazionale è una riunione per decidere quando si terrà   un’altra riunione». La battuta è di H. Ginsberg, un uomo di cinema, che di spettacolo se ne intendeva. E al Vertice ONU di Copenhagen sul clima è andata più o meno così, soltanto che si è trattato di uno spettacolo penoso, aggravato dalla drammaticità   dell’argomento e dalle molte vite già   in pericolo oggi e ancor più domani e dal rinvio della risposta ad un prossimo incontro.
Quale sia il problema è noto: viviamo in un pianeta malandato, dove troppe attività   umane – da quelle industriali a quelle della nostra vita quotidiana – stanno distruggendo l’ambiente: tutti insieme stiamo segando il ramo sul quale stiamo seduti. Ormai sappiamo tutti che la temperatura sta salendo pericolosamente, che un ulteriore aumento di due gradi – come previsto nel corso del secolo – condannerebbe immensi territori alla desertificazione, sommergerebbe isole, moltiplicherebbe i flussi migratori dei cosiddetti «profughi ambientali», metterebbe in pericolo la vita in casa nostra.
Nei giorni scorsi, nel suo messaggio per la 43° Giornata mondiale della pace, Benedetto XVI ha avuto parole forti sui rischi che corrono il pianeta e i suoi abitanti, in particolare i più poveri, e ha attirato la nostra attenzione sulla minaccia che un ambiente degradato farà   correre alla pace.
Abbiamo tutti imparato che l’inquinamento atmosferico sta distruggendo quegli indispensabili polmoni che sono le foreste, che le polveri sottili stanno avvelenando giorno dopo giorno le nostre città   e che l’abuso di concimi sta rovinando le nostre campagne.
Sappiamo ormai tante cose e facciamo poco o nulla per proteggerci e mettere in salvo le generazioni che verranno. Facciamo poco noi, cittadini colpiti dalla sindrome della rassegnazione e da una colpevole pigrizia, hanno fatto poco a Copenhagen i potenti della terra in un Vertice ad alta intensità   mediatica e a bassa resa di decisioni. Fino agli ultimi minuti è prevalsa l’impressione che i cosiddetti Grandi fossero più preoccupati di salvare il Vertice – e cioè la loro faccia – che non di salvare il pianeta.
I risultati sono penosamente sotto gli occhi di tutti: mesi di trattative, migliaia di esperti e funzionari ad agitarsi fino all’ultima virgola, tonnellate di carta e milioni di alberi distrutti e, alla fine, non solo nessun Trattato, ma nemmeno nessun accordo vincolante. Nell’incontro di Singapore, il mese scorso tra USA e Cina, avevamo capito che un accordo vincolante «giuridicamente» non ci sarebbe stato, ma che forse «politicamente»à¢à¢â€š¬à‚¦ Adesso sembra di capire che nemmeno di impegno politico si tratti e che tutto sia rimandato a tempi migliori, se va bene ad un accordo nel 2010 e ad un Trattato non si sa quando. Forse l’unico spiraglio è venuto dall’avvio di un modesto e discutibile sostegno finanziario ai Paesi poveri per convincerli a non ripercorrere la strada del nostro disastroso modello di sviluppo.
Questa volta la faccia sembra proprio non averla salvata nessuno: non l’ONU, che si rivela sempre più inadeguata ad affrontare problemi che esigono risposte vincolanti; non un Barack Obama volenteroso, ma condizionato dalla sua politica interna e più preoccupato per le posizioni economiche degli USA che non per la salvaguardia del pianeta; non la Cina, ancora lontana dall’assumere le responsabilità   che le incombono come nuova superpotenza economica; non la Russia, rimasta defilata nella contesa in corso, troppo preoccupata di ricostruire la sua industria disastrata.
Purtroppo non ha fatto molto meglio l’Unione Europea nel suo insieme e nelle sue varie componenti nazionali, nonostante il coraggioso programma con il quale si era presentata al Vertice e la sua relativa disponibilità   ad assumersi la parte dei costi che le spettavano per sostenere i Paesi più poveri. I suoi leader di maggior spicco sono sembrati più preoccupati di essere protagonisti davanti alle televisioni che non nel duro confronto negoziale. Complessivamente un altro brutto segnale dell’irrilevanza di questa Europa senza coesione e con poca grinta, come continua a ricordarci tenacemente ad ogni occasione il presidente italiano Giorgio Napolitano.
E l’Italia in questo spettacolo? Potrebbe fare da protagonista nel programma «Chi l’ha visto?» tanta è stata la sua ininfluenza ben raffigurata nella povera ministra Stefania Prestigiacomo in fondo alla fila per entrare, senza riuscirci, nella sala del Vertice. Dove comunque non avrebbe potuto far valere molta credibilità  , viste le politiche italiane per l’ambiente e la sottomissione ai diktat di un’industria nostrana che non si decide ad ammodernarsi ed entrare in una stagione economica nuova, che sull’ambiente investa invece solo di consumarlo.
Tempi grami per l’Italia e per l’Europa, ma clima anche peggiore per il pianeta e non è una consolazione nà© per noi nà© per il resto del mondo.

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