Unione Europea, ritorno al futuro

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Il Consiglio dei Capi di Stato e di governo, riunito a fine settimana a Versailles, avrebbe dovuto 

disegnare il futuro modello di sviluppo europeo, tanto sul versante economico che su quello politico. Il tema è rimasto nell’aria, risucchiato dal ritorno al passato imposto dall’aggressione della Russia all’Ucraina, che incombeva sulla criticata sede scelta per l’incontro da Emmanuel Macron, presidente di turno del Consiglio europeo. 

A chi ricorda la storia la reggia di Versailles, oltre a mettere in evidenza il contrasto tra le macerie della guerra e gli stucchi dorati della monarchia, sarà venuto in mente che quella fu la sede dove nel 1919 venne firmato il Trattato di pace a conclusione della Prima guerra mondiale e le cui conseguenze contribuirono non poco alla guerra mondiale che sarebbe riesplosa appena vent’anni dopo.

E’ in questo quadro non proprio confortante che l’Unione Europea ha dovuto affrontare le emergenze che dalla devastazione dell’Ucraina si riversano al suo interno. 

Quanto alla devastazione dell’Ucraina da parte della Russia la disarmata Unione Europea non può fare molto di più che rafforzare il suo intervento umanitario con le risorse finanziarie del proprio bilancio, unitamente a quelle dei suoi Paesi membri, e raffreddare eventuali propositi bellicosi della NATO a guida USA, sempre tenendo conto che l’UE in quanto tale non fa parte dell’Alleanza atlantica. 

Molto invece l’UE e i suoi Paesi membri possono fare – e stanno facendo – per l’accoglienza dei profughi, in particolare delle donne e dei bambini che fuggono in massa dall’Ucraina.  La decisione più importante in proposito è stata quella di attivare la Direttiva 55 del 2001 sulla protezione temporanea degli sfollati e sulla ripartizione dei costi dell’operazione: un programma che  impegna la solidarietà di tutti i Paesi UE, con la speranza che si applichi a tutti i profughi indipendentemente dalla loro nazionalità.

A Versailles il Consiglio europeo si è anche concertato sulla risposta da dare insieme sul versante economico interno, in particolare in materia di politica energetica, e su quello degli equilibri delle finanze pubbliche, mantenendo provvisoriamente la deroga ai vincoli di bilancio e l’alleggerimento di quelli degli aiuti di Stato, senza tuttavia avviarsi ancora verso un nuovo debito comune, ma consentendo flessibilità nell’applicazione del “Piano europeo di ripresa” (Recovery fund), dotato di 750 miliardi di euro. Su questi temi il Consiglio europeo tornerà in una prossima riunione entro la fine del mese.

Naturalmente le emergenze umanitarie ed economiche sono state accompagnate da un confronto sulla dimensione politica delle risposte da dare alla domanda dell’Ucraina di entrare nell’UE e delle iniziative da prendere per avviare e accelerare una politica comune della sicurezza e della difesa.

La prospettiva di una futura adesione dell’Ucraina all’UE è stata confermata, ma nel rispetto delle procedure e delle garanzie previste per l’ingresso di nuovi Paesi e senza dimenticare altri in attesa,   come i Paesi balcanici, la Moldavia e la Georgia e tenendo presente l’evoluzione problematica del rispetto dello Stato di diritto e della democrazia in Paesi entrati nell’UE in questo inizio secolo.

Quanto alla politica comune della difesa se da una parte l’aggressione della Russia ha risvegliato i “sonnambuli”, dall’altra deve fare i conti con l’assenza di una politica estera comune e con la difficile compatibilità al momento dei sistemi di difesa nazionali, oltre che dei costi di un’operazione in grado di realizzare quella “autonomia strategica europea” in seno alla NATO, tema destinato a crescere nei prossimi giorni.

Non sono certo i problemi che mancano, importante che non manchi il coraggio politico per affrontarli.

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