Ma dove vuole arrivare Putin? È l’angosciante domanda che si pone l’Europa, e non solo, in questo periodo di guerra che Putin sta muovendo all’Ucraina, una guerra spietata, dalle motivazioni che oscillano fra le esigenze di sicurezza del Cremlino nei confronti della NATO fino al sogno di ricostruire una “Grande Russia” che affondi le radici nel passato, ignorando presente e futuro di un mondo radicalmente cambiato, interconnesso e in evoluzione. A fare da sfondo a questa tragica svolta a più di vent’anni di potere del Presidente Putin, è soprattutto la caduta dell’Impero sovietico nel 1991, vissuta come una tragedia storica dallo stesso Putin.
Dove voglia arrivare Putin è la domanda che corre sul filo del brivido dei Paesi che condividono direttamente con la Federazione russa centinaia di kilometri di confine, da Nord a Sud, dal Baltico al Mar Nero e oltre. La tensione era ben presente nell’ultimo Vertice UE di Versailles, dove i Paesi baltici, membri dell’Unione europea e della NATO, erano convinti fino a qualche settimana fa di poter vivere sotto la certezza di uno Stato sovrano dalle frontiere inviolabili. Era inquieta la Finlandia, non membro della NATO e sostenitrice di misure ancora più forti nei confronti della Russia mentre la Romania, Paese che ha il più lungo confine con l’Ucraina, attraverso le parole del suo Presidente Klaus Iohannis, non ha nascosto “l’angoscia” che tale situazione di guerra provoca fra la sua popolazione.
Ma la tensione e la preoccupazione salgono in particolar modo oggi in Moldavia, dove la presenza della Russia nella regione separatista filorussa della Transnistria, striscia di terra schiacciata fra Moldavia e Ucraina, è segnata da un consistente sostegno finanziario, da una base militare e da un rigido controllo politico. Una situazione che fa tremare l’intera Moldavia, Paese in bilico fra sguardi prudenti di simpatia e interesse nei confronti dell’Europa e il timore di quelli provenienti da Mosca. Attraverso la Transnistria infatti, Putin potrebbe aprire un nuovo fronte di guerra e raggiungere lo strategico porto di Odessa, distante solo un centinaio di chilometri. In gioco tuttavia e di nuovo la sovranità e l’indipendenza della Moldavia, l’inviolabilità delle sue frontiere e il timore che riprenda fiato un conflitto locale “congelato” da circa vent’anni. Un serio pericolo che ha fatto scattare, insieme a quella della Georgia, la richiesta di Chisinau di aderire all’Unione Europea.
Non molto dissimile la paura che attraversa quindi anche la Georgia, già vittima di una rapida guerra che ha portato al riconoscimento dell’indipendenza, da parte di Mosca, delle due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia nel 2008. Da allora la presenza russa si è costantemente concretizzata con l’installazione di basi militari che si affacciano direttamente sul Mar Nero. Fortemente inquiete le parole della Presidente georgiana Salomé Zurabishvili al riguardo, parole che pongono infatti l’interrogativo sulle intenzioni a lungo termine di Putin e sottolineano il fatto di una minaccia che puo’ andare ben oltre l’Ucraina, dall’Asia centrale con le tensioni esplose in Kazakistan lo scorso estate fino a quelle che si muovono pericolosamente silenziose nei Balcani, in particolare in Bosnia e nella Repubblica Srpska.
Certo è che questa guerra in Ucraina ha girato definitivamente una pagina di storia dell’Europa e della pace e costringerà a ripensare e a ricostruire un futuro di relazioni internazionali e di sicurezza di cui ancora non si colgono interamente le grande sfide europee e globali da affrontare.