Unione Europea in difesa dell’Ucraina. E di se stessa.

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Sarà pur vero che la storia non si ripete, ma spesso le tragedie sì e lo insegna proprio la storia.

Come quella del secolo scorso, quando nel 1939 Danzica, città libera polacca stretta in un corridoio al confine con la Prussia, divenne preda di Hitler e quel contenzioso contribuì ad innescare a settembre dello stesso anno la Seconda guerra mondiale. Allora l’Europa non si immolò per Danzica, ma è chiamata oggi a vivere per Kiev e per se stessa. 

L’Unione Europea non può morire per Kiev, condannando se stessa e l’Ucraina a una guerra devastante, perché il suo obiettivo è la pace sull’intero continente e anche perché non ha da sola la forza per sostenere l’Ucraina e non sa quanto possa contare sul suo inaffidabile alleato che, da oltre Atlantico, potrebbe farlo. Ma per Kiev – e per sé – l’UE vuole vivere, grazie agli “europei volenterosi” che hanno visto aggregarsi, non senza qualche fatica, Francia, Regno Unito e Germania e altri, tra i quali all’ultimo momento anche l’Italia, anche se non si è capito bene con quali impegni concreti sul terreno.

Dopo il grottesco vertice tra Putin e Trump in Alaska e la sceneggiata “riparatrice” a Washington di lunedì scorso con Zelensky e i principali leader europei, assente la Polonia, il cerino acceso della futura Ucraina resta nelle mani di Kiev e dell’Unione Europea, con qualche apertura degli USA per un sostegno all’Ucraina, in attesa di conoscere la risposta del Cremlino in vista di un auspicato incontro trilaterale Usa, Russia e Ucraina. 

Intanto il Vertice UE dei Capi di Stato e di governo di martedì scorso ha visto l’UE riuntita al completo, cosciente di essere una realtà senza una propria capacità di difesa comune, con i suoi Paesi membri in difficoltà con le rispettive opinioni pubbliche e a rischio di coesione politica tra di loro, come già annunciano le reazioni di Ungheria e Slovacchia, senza dimenticare le costanti ambiguità dell’Italia, nostalgica di un Occidente che non c’è più.

I giorni che verranno racconteranno come l’Unione Europea, senza morire per Kiev, cercherà di vivere per l’Ucraina, cioè anche per se stessa. Perché a questo punto, tra strategie inadeguate e solidarietà apprezzabili, l’Ucraina è diventata per l’Unione Europea una sua questione esistenziale,

venutasi ad innestare su un corpo economicamente debole, politicamente fragile e militarmente inerme e con tutti questi limiti adesso bisognerà fare i conti.

Conti che dovranno fare i massimi responsabili europei in perdita di credibilità, come nel caso della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dopo il deprimente incontro con Trump in Scozia; ma conti difficili che dovranno fare anche i governi nazionali alle prese con il ricatto dei dazi da parte di Trump, con gli equilibri finanziari minacciati dall’aumento della spesa militare e con i rispettivi elettorati che ancora stentano ad aprire gli occhi sul possibile baratro che potrebbe aprirsi se la contesa politica dovesse avviarsi verso un conflitto bellico al di là delle frontiere ucraine. Come in particolare temono i Paesi europei nord-orientali, non solo Polonia e Baltici ma anche la Germania, in attesa che capiscano di non essere al sicuro nemmeno i Paesi meridionali dell’UE, con quanto si profila sulle sponde del Mediterraneo.

Tutto questo è già tanta roba, ma non è tutto: uno sguardo alla carta del mondo ci ricorda il piccolo continente che siamo, a fronte degli USA protagonisti solitari in questo inizio secolo, dell’immensa Russia in parte europea, delle potenze protagoniste domani come Cina ed India, dei nuovi Paesi emergenti del Sud globale, tutti con conti da regolare con le vecchie potenze coloniali e le difese da allestire contro i nuovi imperi che li minacciano.

E’ questo il mondo complicato e confuso in cui galleggia la piccola e fragile Unione Europea che, o troverà visione e coraggio per prendere il largo o finirà, prima o poi, col finire spiaggiata.

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