Quanto Donald Trump amasse l’Unione Europea l’avevamo chiaramente capito quando nel corso del suo mandato dal 2017 al 2021 aveva talmente esasperato anche Angela Merkel da farle dire che “noi europei dobbiamo prendere il futuro nelle nostre mani”, fino ad invocare davanti al Parlamento di Strasburgo la richiesta di creare un esercito europeo, non potendo più fidarci di Washington. Correva l’anno 2017, l’Unione si godeva allora la sua lunga tregua di pace dalla fine della Seconda guerra mondiale e andava alle elezioni europee del 2019 alla solita velocità di crociera, accelerata solo a fine anno dal Piano verde (Green deal) in favore di una transizione ambientale per la salvaguardia del nostro Pianeta malato.
Da quello scossone trumpiano del 2017 sono passati sette anni, nel 2020 la pandemia, nel 2022 l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, a ottobre scorso l’esplosione del conflitto israelo-palestinese e i giorni scorsi l’assassinio di Navalny, con Trump tornato implacabile a minacciare l’Europa e l’Alleanza atlantica (NATO) di sfilarsi nel caso di un conflitto armato subito dagli alleati, se questi non si assumono maggiori costi nella NATO.
Adesso forse l’Unione Europea sta capendo che alle parole minacciose di Trump, qualunque sia l’esito elettorale alle presidenziali USA di novembre, è venuta l’ora di rispondere con dei fatti e non più con le buone intenzioni sulla creazione di una difesa comune europea.
Non sarà impresa facile in assenza di una politica estera comune, con governi senza una grande visione di futuro e incapaci quindi di assumersene la responsabilità, come peraltro disse ma non seppe fare nemmeno Angela Merkel e ancor meno adesso il suo successore Olaf Scholz, nel disordine mondiale che stiamo vivendo, ma anche senza dimenticare l’apertura della Germania verso una capacità europea di deterrenza nucleare.
Non sarà facile una difesa comune nemmeno tecnicamente, in assenza di una compatibilità dei sistemi d’arma, di una interoperabilità tra le Forze armate nazionali e di una politica industriale coordinata in materia bellica, per non parlare delle gelosie tra Stati maggiori e delle diverse dottrine strategiche di riferimento. E non basterà nemmeno ricorrere alla creazione nella futura Commissione europea di un portafoglio della difesa, come annunciato da Ursula von der Leyen che si candida a succedersi annunciando come priorità il tema della sicurezza.
Per avere un esercito europeo si potrebbe cominciare con la somma della spesa militare aggregata dell’UE e dei Paesi europei della NATO, stimata nel 2022 a 346 miliardi di dollari, oltre tre volte quella della Russia. Per memoria, la spesa militare della Cina ammonta a 219 miliardi e quella degli USA a 905 miliardi, mentre nel mondo nel 2023 le spese militari hanno toccato i 2200 miliardi di dollari.
I Paesi europei pagano la frammentazione della loro importante spesa militare, al punto di stentare ad attivare una modesta forza di pronto intervento, come deciso recentemente.
Ritorna per noi italiani il richiamo all’articolo 11 della nostra Costituzione che, dopo aver dichiarato che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…”, prosegue ricordando che la strada per un “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” passa attraverso “limitazioni di sovranità”: un approdo indispensabile oggi anche per poter dotare l’Unione Europea di una politica estera e di sicurezza comune e, quando vi saranno le condizioni politiche ed istituzionali, anche di un esercito europeo.
In questo contesto e con il ritorno della guerra ai confini dell’Unione Europea potrebbe essere interessante richiamare alla memoria anche l’art. 52 della Costituzione che recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” che, pur limitandone il perimetro allo spazio nazionale, potrebbe per estensione non infondata, in questo clima di guerra in Europa, riportare alla mente quello che, il 21 aprile 1954 a Parigi, alla vigilia della mancata ratifica della Comunità europea della difesa (CED), spinse Alcide De Gasperi a intitolare il suo intervento “La nostra Patria Europa”.
Una visione di futuro di cui sono capaci gli statisti e che oggi torna di attualità.