Unione Europea 2010: dimensione sociale al rallentatore

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Il Consiglio Europeo di primavera è tradizionalmente dedicato dall’Unione Europea a definire i suoi obiettivi di crescita e di sviluppo in un’ottica non soltanto economica ma anche sociale e di sostenibilità  . àˆ così da quando a Lisbona nel 2000 i capi di Stato e di governo fissarono gli obiettivi dell’omonima Strategia (aumento dell’occupazione, riduzione della povertà  , raggiungimento della competitività   attraverso la conoscenza). Da allora tutte le riunioni del Consiglio Europeo di primavera sono dedicate alla valutazione della strada percorsa per raggiungere quegli obiettivi o, ed era il caso del Consiglio Europeo che si è svolto nei giorni 24-25 marzo a Bruxelles, alla definizione di obiettivi nuovi, partendo dalla constatazione del mancato raggiungimento di quelli precedentemente definiti.
Sul tavolo dei leader europei, dunque, in questa edizione del Consiglio c’erano tre dossier: il pacchetto clima, il «caso Grecia» e la «strategia 2020», documento al quale il riconfermato presidente della Commissione Europea, Josà© Manuel Barroso, lavora da mesi e che il Consiglio Europeo avrebbe dovuto condividere e fare proprio.
Molte dunque le intese e gli accordi da trovare: per il «caso Grecia» si trattava soprattutto di mettere d’accordo le esigenze di tutti: della Germania di Angela Merkel, fino a qualche giorno fa contraria a qualsiasi piano di salvataggio ma da sempre favorevole a misure che rafforzino il controllo dei bilanci dei Paesi meno virtuosi; della Francia di Nikolas Sarkozy, da sempre sostenitore di un «governo dell’economia» da affidare al Consiglio Europeo; e della Grecia di George Papandreou, alle prese con una grave crisi e con un conseguente draconiano piano di risanamento.
Di tutto questo, perà², si è occupata un’apposita riunione dei leader dell’eurozona, uscendone con un accordo complesso, acrobatico e «asimmetrico» almeno nel testo finale.
Ai Ventisette riuniti in «plenaria», con la solita e imbarazzante (non) presenza del presidente del Consiglio italiano richiamato a Roma dalle ultime battute di una vicenda tutta interna come le elezioni amministrative, restava il compito di discutere del clima, di obiettivi per il 2020 e di crescita economica socialmente ed ecologicamente sostenibile.
In tema di lotta ai cambiamenti climatici si confermano gli obiettivi enunciati in precedenti occasioni: ridurre le emissioni inquinanti del 20% rispetto ai livelli del 1990, confermando gli impegni per una riduzione che arrivi fino al 30% se corrisposta dall’impegno di altri partner e aumentare del 20% l’efficienza energetica. A questi risultati, perà², ha osservato più volte il presidente stabile del Consiglio Herman Van Rompuy, «bisogna arrivare passo dopo passo, costruendo il consenso in tappe successive».
Altre conferme sono rappresentate dagli obiettivi enunciati in tema di occupazione e investimenti in ricerca e sviluppo: il Consiglio ha fatto propri i traguardi posti dalla Commissione Europea e c’è l’impegno degli Stati membri a «portare al 75% il tasso di occupazione femminile» e «gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del Prodotto Interno Lordo».
Ci sono, infine, altre enunciazioni che avvengono in maniera più vaga: «Ridurre il numero degli abbandoni scolastici e aumentare la percentuale di popolazione che completa un ciclo di studi superiori», oppure, ed è quantomeno singolare che questo avvenga nell’Anno europeo della lotta alla povertà   e all’esclusione, «promuovere l’inclusione sociale in particolare attraverso la riduzione della povertà  ».
Su questi ultimi due punti, si legge ancora nelle Conclusioni della presidenza, «è necessario un ulteriore lavoro di definizione degli indicatori» o «di obiettivi quantificabili per il 2020». E dire che numeri e indicatori sui cui confrontarsi c’erano: la Commissione, infatti, aveva proposto di «ridurre del 25% (20 milioni) il numero delle persone a rischio di povertà  » e di «limitare al 10% la percentuale massima degli abbandoni scolastici, facendo in modo che almeno il 40% dei giovani arrivi ad un diploma superiore» ma, come ha spiegato Barroso, «abbiamo parlato di competenze più che di obiettivi»; non si è discusso cioè di cosa fare ma di chi deve farlo.
Di tutto si parlerà   più avanti, tra giugno e ottobre, in attesa che la Commissione vari «orientamenti integrati più precisi» e che gli Stati membri varino i loro piani nazionali in una logica di monitoraggio, stretto dialogo e cooperazione.
E intanto i cittadini di un’Europa in cui i disoccupati sono diventati 23 milioni e le persone a rischio di povertà   sono ormai 80 milioni continuano ad attendere risposte concrete, tempestive e solidali.

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