UE, un vagone sul treno della NATO

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L’invasione russa dell’Ucraina ha rimesso in moto il treno dell’Alleanza atlantica (NATO). Sembrava finito su un binario morto, al punto che il presidente francese Emmanuel Macron ne aveva denunciata la “morte cerebrale” e Trump l’aveva definita uno “strumento obsoleto”. 

Dopo il 24 febbraio scorso il treno si è rimesso in movimento, trascinato dalla sua locomotiva statunitense e intenzionato a raggiungere nuove stazioni di destinazione, anche al di là dello spazio atlantico.

In questa ripresa di attività il treno ha inevitabilmente trascinato dietro di sé un vagone, quello dell’Unione Europea che, in quanto tale, della NATO non fa parte, ma a questa è solidamente agganciato grazie alla maggior parte dei suoi Paesi membri che vi aderiscono, soli titolari di responsabilità all’interno dell’Alleanza.

Oggi della NATO fanno parte 21 Paesi su 27, presto altri due – Finlandia e Svezia – vi saranno rapidamente accolti e solo quattro ne rimangono ancora fuori: Austria, Cipro, Irlanda e Malta. Con i nuovi ingressi si avvicina quindi una quasi totale sovrapposizione geografica tra l’Unione Europea e la presenza NATO all’interno di questa. Quanto basta per chiedersi quali siano a questo punto i rapporti tra le due organizzazioni e quali le prospettive di collaborazione.

Oggi l’Unione Europea segue da vicino i lavori della NATO,  partecipa ai suoi Vertici come ospite politico e ha sviluppato nel tempo forme di cooperazione, mantenendo la sua autonomia di azione, sulla base di una dichiarazione congiunta del 2018 nella quale si accoglie “con favore gli sforzi della UE volti a rafforzare la sicurezza e la difesa europee al fine di proteggere meglio l’Unione e i suoi cittadini e contribuire alla pace e alla stabilità nelle immediate vicinanze ed oltre. La cooperazione strutturata permanente e il Fondo europeo per la difesa contribuiscono a tali obiettivi”

Al Fondo europeo per la difesa, con una dotazione di 8 miliardi nel bilancio UE 2021-2027, si è recentemente aggiunto lo “Strumento europeo per la pace”, una risorsa intergovernativa fuori bilancio, attualmente di 5 miliardi di euro, assorbiti dal sostegno all’Ucraina.

Volendo riprendere l’immagine del treno, sarebbe giuridicamente più corretto parlare di due treni che corrono, a velocità diverse, su due binari paralleli, ciascuno con le proprie locomotive, attenti a non disturbarsi a vicenda, con l’accordo di ritrovarsi nel tempo in stazioni comuni dove convenire possibili movimenti coordinati, con precedenza alla NATO sui fronti militari.

 E’ bene però non trascurare che politicamente le cose vanno un po’ diversamente, non senza qualche complicazione ulteriore con Paesi UE, presenti sul treno della NATO – e uno, la Francia dotato dell’arma nucleare – ognuno con una propria politica estera e di sicurezza, oltre che con divergenti interessi economici e commerciali, come appare evidente nel caso delle attuali sanzioni contro la Russia e delle precauzioni nei confronti della Cina. Questa frammentazione interna alla UE non ne rafforza certo il ruolo, tenuto conto anche del peso politico preponderante degli USA nella NATO cui si affianca fedelmente quello del Regno Unito, altro Paese europeo provvisto di arsenali nucleari.

E’ una situazione che si trascina dal 1949, da quando la sicurezza dell’Europa è stata in gran parte delegata alla NATO, e che oggi l’UE è chiamata ad affrontare, dotandosi progressivamente di una politica estera e di sicurezza comune, pagandone i costi e chiarendo le rispettive responsabilità all’interno dell’Alleanza atlantica. Anche per tenere conto dei nuovi fronti che questa deve  presidiare, tanto a nord e a est dell’UE che nella più lontana area indo-pacifica, dove si annunciano  tensioni crescenti.

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