Sentenza della Corte di Giustizia: maggiore tutela per i richiedenti asilo

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Con la sentenza emessa dalla Corte di Giustizia il 21 dicembre 2011, viene stabilito che un richiedente asilo non può essere trasferito in un altro Stato membro in cui rischia di subire trattamenti inumani.
Tribunali del Regno Unito e dell’Irlanda hanno infatti chiesto alla Corte di esaminare alcune cause riguardanti richiedenti asilo originari dell’Afganistan, dell’Iran e dell’Algeria, contro il sistema di asilo greco, ritenuto saturo e inefficiente. In particolare si chiede di stabilire se sia doveroso, per le Autorità di uno Stato membro, effettuare un controllo che preceda il trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato responsabile dell’esame della domanda, in linea con il Regolamento CE n. 343 del Consiglio del 18 febbraio 2003 (“Dublino II”).
In tutte le cause si contesta il trattamento riservato a queste persone che, senza legami reciproci tra loro, sono transitate nel territorio greco nel 2010: qui sono state arrestate per ingresso illegale, senza richiedere asilo. Solo successivamente si sono recate chi nel Regno Unito, chi in Irlanda dove hanno chiesto asilo.
Nessuna di loro ha intenzione di ritornare in Grecia, asserendo che nel Paese le condizioni e le procedure riservate ai richiedenti asilo non rispettano i diritti fondamentali.
Nel procedimento dinanzi alla Corte sono intervenuti anche 13 Stati membri, la Svizzera, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Amnesty International e l’Aire Centre, facendo osservare alla Corte le condizioni in cui la Grecia accoglieva nel 2010 i migranti. In quel periodo infatti il Paese era il punto di ingresso nell’UE per il 90% di quanti cercavano rifugio clandestinamente, con un conseguente appesantimento delle Autorità del Paese che non hanno saputo gestire la situazione, facendo venir meno il rispetto dei diritti.
La Corte ha dunque stabilito che “gli Stati membri, compresi gli organi giurisdizionali nazionali, sono tenuti a non trasferire un richiedente asilo verso lo Stato membro designato come competente quando non si possa ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo costituiscano motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire dei trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE”.
Per stabilire i rischi di non rispetto dei diritti fondamentali, la Corte prevede che gli Stati valutino sulla base di vari strumenti adeguati a loro disposizione, come i rapporti delle ONG o dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Nella sentenza la Corte stabilisce ancora che se lo Stato membro che deve trasferire il richiedente asilo si trovi nell’impossibilità di farlo per i suddetti motivi, esso deve esaminare gli altri criteri enunciati dal regolamento in materia, per identificare un altro Stato membro come competente per la domanda di asilo. Nel fare ciò, per non aggravare la situazione di violazione dei diritti del richiedente, lo Stato membro deve adottare una risoluzione del problema in tempi ragionevoli e all’occorrenza è tenuto ad esaminare esso stesso la domanda di asilo.

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