Per la prima volta nella sua storia, l’istituto demoscopico europeo affronta questo tema con una ricerca di tipo qualitativo che ha coinvolti cittadini europei di tutti gli Stati membri e cittadini dei Paesi terzi residenti in quattordici Stati membri (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito) caratterizzati dalla presenza di una elevata quota di popolazione migrante.
Secondo quanto emerso dalla ricerca, sia i cittadini europei sia i migranti si dicono convinti del fatto che per raggiungere l’integrazione, obiettivo imprescindibile perchà© i Paesi di destinazione possano trarre beneficio all’immigrazione, siano necessari maggiori sforzi da parte di tutti: governi, opinione pubblica, popolazione migrante.
Secondo i cittadini europei i principali fattori di integrazione sono: la lingua, il fatto di avere un lavoro, il rispetto delle culture locali e il raggiungimento dello status di migrante regolare; questi stessi fattori sono individuati come cruciali anche dai cittadini dei Paesi terzi coinvolti nella ricerca che, perà², subito dopo l’elemento linguistico collocano lo status di migrante regolare, poi il lavoro e da ultimo il rispetto delle culture locali.
Per tutti, migranti ed europei, l’interazione quotidiana a scuola, sul lavoro e nella socialità e un «positivo contributo dei migranti alla cultura locale» ed è dunque importante promuovere l’accesso dei migranti al lavoro e ai sistemi educativi agendo soprattutto sull’abbattimento delle barriere linguistiche.
Molto lavoro deve essere fatto, secondo gli intervistati, anche per contrastare i fenomeni di segregazione spaziale che portano i migranti provenienti dallo stesso Paese a vivere tutti nello stesso quartiere o nella stessa area (spesso si tratta di aree periferiche o degradate) limitando la loro interazione con la popolazione locale.
La ricerca fa emergere anche il timore dei cittadini europei che sentono minacciare dall’arrivo dei migranti le proprie opportunità occupazionali anche se è ormai storicamente dimostrato che i lavoratori migranti vengono occupati in settori e mansioni lasciate vacanti dalla popolazione nazionale. àˆ allora necessario, sostengono gli autori del sondaggio, «un più costante monitoraggio dei dati relativi al mercato del lavoro» che,insieme a una corretta informazione puಠsgombrare il campo da determinati atteggiamenti della popolazione «indubbiamente alimentati dalla crisi e dalle sue gravi conseguenze occupazionali».
L’ultimo elemento messo in evidenza dalla ricerca è il «persistere della confusione tra migrazioni regolari e migrazioni irregolari» alimentata dalla creazione di «stereotipi negativi da parte dei media» ai quali la Commissione Europea e gli Stati membri devono rispondere «comunicando meglio le loro politiche volte all’integrazione dei migranti e all’emersione delle situazioni di illegalità ».