Protezione dei dati: l’UE deve fare di più

859

All’indomani della presentazione del Rapporto annuale di attività   del Garante europeo per la protezione dei dati, l’istituto demoscopico europeo Eurobarometro pubblica un sondaggio da cui risulta che tre cittadini europei su quattro accettano che rivelare i propri dati personali faccia parte della vita quotidiana, ma sono preoccupati per come le imprese, i motori di ricerca e i social network, utilizzano le loro informazioni.
Gli esiti del sondaggio dunque sono in linea con quanto dichiarato dal Garante europeo Peter Hustinx, secondo il quale «il 2010 è stato un anno intenso, dinamico e produttivo per il CEPD» che ha rivelato «la necessità   di intensificare gli sforzi per assicurare una protezione efficace dei dati e della vita privata dei cittadini in un mondo in continuo cambiamento, dominato da Internet e dalla tecnologia».
Secondo il sondaggio, realizzato su un campione di oltre 26.000 cittadini degli Stati membri, il 62% degli europei protegge la propria identità   dando solo le informazioni minime richieste, mentre il 75% rivendica il cosiddetto «diritto all’oblio», cioè la possibilità   di eliminare i dati personali online in qualunque momento.
Anche il sostegno all’azione dell’UE è forte: il 90% vuole che i diritti alla protezione dei dati siano gli stessi in tutta Europa.
I motivi di preoccupazione segnalati con maggiore frequenza sono le frodi negli acquisti online (per il 55% degli intervistati), l’utilizzo dei dati a loro insaputa sui social network (per il 44%) e lo scambio dei dati tra imprese senza il consenso dei titolari dei dati stessi (per il 43%).
In merito alla protezione dei dati personali, gli europei mostrano di avere più fiducia nelle autorità   pubbliche – come ospedali (78%), governi (70%) e istituzioni europee (55%) – che nelle imprese private come rivenditori (39%), provider di servizi internet (32%) e fornitori di servizi online (22%).
Quanto alle strategie messe in atto a livello personale il sondaggio rivela che Il 42% utilizza filtri per limitare il numero di messaggi di posta elettronica indesiderati e il 23% cambia i dispositivi di sicurezza del proprio browser. Percentuali così basse sembrano indicare la necessità   di strumenti semplici che aiutino le persone a tutelare i dati sulla propria identità   personale online.
Anche le informative on line sulla privacy sembrano avere poca fortuna e poco appeal se è vero che sono lette solo dal 58% degli internauti e che il 62% degli utenti non le capisce, non le legge, non riesce a trovarle o ne ignora l’esistenza.
Vi sono infine forti differenze generazionali in merito all’attitudine a divulgare i propri dati: le giovani generazioni mostrano un atteggiamento più aperto mentre le generazioni più anziane segnalano preoccupazioni per la tutela della vita privata).

Approfondisci

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here