Politica Agricola Comune: nel 2014 si cambia

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Nel pieno della tormenta finanziaria e politica che ha investito l’Italia in questi ultimi mesi, sta passando quasi inosservata la trasformazione del bilancio dell’Unione Europea per il settennio 2014-2020 e le sue ricadute sulle politiche settoriali e, tra queste, sulla politica agricola comune (PAC), di tutte le politiche UE tradizionalmente la più importante, la più complessa e che maggiormente grava sul budget dell’UE e su di noi, suoi contribuenti.
Da sempre la PAC è una politica centrale dell’UE: dai primi anni ’60 quando accompagnಠla transizione del nostro continente dal suo profilo ancora fortemente rurale a quello segnato dall’industrializzazione e dall’urbanizzazione dei decenni successivi fino ai mutamenti radicali dei nostri giorni sotto il segno della globalizzazione.
In questa sua traiettoria di ormai mezzo secolo, la PAC ha divorato enormi risorse del bilancio comunitario, trasformato coltivazioni e mercati agricoli, non solo europei e modificato – non sempre in meglio – il volto delle nostre campagne. Negli ultimi anni i suoi costi si sono notevolmente ridotti, anche se in parte grazie ad artifizi contabili che hanno spostato le risorse disponibili su più voci del budget comunitario, giungendo comunque oggi ad assestarsi attorno alla cifra considerevole di circa 60 miliardi di euro, attorno al 40% dell’intero bilancio con una riduzione, rispetto a una ventina di anni fa, di oltre il 20%.
Tutto questo per ricordare che molte cose sono capitate dall’inizio dell’avventura comunitaria, ma anche per segnalare che molto dovrà   ancora cambiare per approdare ad una politica comunitaria fautrice di uno sviluppo autenticamente sostenibile ed equo per l’insieme dei 27 Paesi UE, tra loro molto diversi in fatto di agricoltura e per il suo peso relativo nelle economie nazionali.
Per approdare a questi risultati sarà   un’occasione buona la nuova architettura e dotazione del budget comunitario per il periodo 2014-2020, oggetto ai più sconosciuto, quasi un UFO misterioso in arrivo dagli spazi siderali della tecnocrazia europea, al quale poco sembra applicarsi anche la nostra distratta classe politica. Eppure si è ormai nel pieno dei negoziati e già   si profilano per l’Italia conseguenze non proprio rassicuranti. Sarà   sicuramente il caso per il budget nel suo complesso che non solo vedrà   una riduzione importante delle risorse finanziarie destinate all’Italia (si valuta attorno al 20%), ma anche perchà© conterrà   regole e sanzioni severe per quanto non sarà   utilizzato dal budget comunitario, sport questo nel quale l’Italia eccelle, in particolare nelle regioni meridionali.
àƒÆ’à¢â‚¬° probabile che un prezzo significativo lo pagherà   proprio l’agricoltura, anche perchà© i differenziali di costo unitario della PAC tra l’Italia e gli altri Paesi non sono irrilevanti: da noi il costo della sovvenzione per ettaro supera i 400 euro contro una media di 270 e così la proposta sul tavolo parla di una riduzione per l’Italia del 5% nei prossimi sette anni, con una perdita complessiva di quasi 300 milioni di euro per gli aiuti diretti alla nostra agricoltura, tre volte più pesante di quella prevista per la Francia e due volte di quella che risulterebbe per la Germania.
àƒÆ’à¢â‚¬° il prezzo che, tra l’altro, l’Italia paga ad una sua politica agricola costruita sulle coltivazioni di volta in volta sovvenzionate da Bruxelles invece che sulle specificità   del nostro territorio e sulla salvaguardia dell’ambiente. Una buona notizia potrebbe arrivare per gli agricoltori che hanno redditi contenuti applicando un criterio di degressività   delle sovvenzioni per le aziende più ricche.
Alla prospettiva della riduzione del budget UE per la nostra politica agricola ha reagito tardivamente il ministro Saverio Romano, da poco insediato al governo e distratto da altre vicende comuni a tutta la maggioranza e, di suo, già   nel mirino della giustizia, accusato di eccessi di familiarità   con la mafia. C’è da sperare che trovi il tempo e la concentrazione per occuparsi anche del fronte caldo europeo.
Secondo il programma convenuto a Bruxelles, il negoziato sul budget comunitario dovrebbe concludersi entro il primo semestre 2012. Un calendario per l’Italia poco rassicurante: da una parte, perchà© affrontare la stretta finale di un negoziato difficile con un governo – supposto che allora ancora ci sia – che vivacchia a colpi di voti di fiducia non è incoraggiante; dall’altra, perchà© nello stesso periodo ci saranno le elezioni presidenziali in Francia e si sa quanto questo Paese abbia pesato e pesi nella definizione della PAC.
Come se non bastasse, a quella data anche la Germania sarà   ormai vicina ad elezioni che si annunciano particolarmente difficili per la cancelliera Angela Merkel, bisognosa di portare a casa risultati europei che plachino lo scontento dei suoi elettori, pagatori dei debiti pubblici europei.
E, ciliegina sulla torta, la presidenza UE del prossimo semestre sarà   nelle mani della Danimarca, i cui orientamenti in materia di politica agricola sono molto lontani dai nostri.
Con tanti auguri per il futuro della politica agricola italiana.

2 COMMENTI

  1. Scrivi il tuo commento qui.
    Ipotizzare, pur nella riduzione delle risorse PAC di oltre il 20% rispetto ad una ventina di anni fa per l’insieme dei 27 Paesi UE, contraddice – a mio avviso – proprio con il criterio redistributivo delle stesse ridotte risorse se, UNICAMENTE,saranno destinate alle quantità  di superficie per ettaro che, peraltro, potrebbe premiare la rendita fondiaria.
    Per competere è necessario riconoscere, innanzitutto,nella dimensione di “IMPRESA AGRICOLA” singola o preferibilmente associata, la caratterizzazione dell’agricoltura italiana, diversificata propriamente per le qualità  territoriali dei propri prodotti agroalimentari che dovrebbero essere sempre più sostenuti dalle nostre istituzioni e pubblicizzati in europa e nel mondo. A mio parere, OK per l’aiuto dimensionato alle SAU per ettaro coltivato che deve, però, essere equamente integrato peri costi aziendali di produzione che hanno concorso alla valorizzazione del prodotto agrolimentare italiano ed europeo sia per soddisfare la domanda di cibo mondiale che per competere, in qualità  e trasparenza di prezzo, sul mercato globale. Donato Galeone

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