Nuove luci e vecchie ombre sull’Europa

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Dopo mesi e anni di cattive notizie per l’Europa, qualcosa sembra finalmente cambiare. Dopo l’infinito corteo di segnali di crisi e annunci di baratri per l’Europa, gli ultimi giorni hanno registrato più luci che ombre, con eventi che potrebbero cambiare la sorte dell’Unione Europea, frenandone la deriva pessimista, ridando fiato all’euro e incoraggiando le Istituzioni europee a riprendere l’iniziativa.

La serie positiva era cominciata il 6 settembre con la decisione del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) di farsi carico della protezione dell’euro acquistando bond dei Paesi in crisi con operazioni di portata illimitata, sottoponendo i Paesi beneficiari a condizioni severe e a un monitoraggio costante. Si è trattato di un risultato perseguito da Mario Draghi con grande determinazione, anche a costo di isolare il Presidente della Bundesbank, in rotta di collisione con la BCE e con lo stesso governo tedesco.

L’esito nell’immediato è stato quello di raffreddare la speculazione finanziaria, più importante però è stato l’aver smosso politicamente l’UE, spingendola verso nuovi traguardi che l’avviino prima all’unione bancaria, poi a quella economica per approdare infine a quell’unione politica che l’Europa cerca da oltre sessant’anni, dopo averla mancata una prima volta nel 1954 con il fallimento della Comunità Europea della Difesa (CED) e sfiorata con il Trattato di Maastricht all’indomani del crollo del Muro di Berlino, dell’unificazione tedesca e della dissoluzione dell’URSS a cavallo degli anni ’90.

È poi toccato alla giornata del 12 settembre dare all’Europa altre tre buone notizie.

Di buon mattino, la Corte costituzionale tedesca ha adottato una sentenza favorevole alla legittimità del Fondo salva-stati deliberato dal Parlamento tedesco (Bundestag), accompagnandola – come da tradizione – con condizioni volte a salvaguardare la sovranità tedesca e a limitare alla soglia dei 190 miliardi la partecipazione della Germania al Fondo, chiarendo che ogni ulteriore misura dovrà ottenere un’esplicita approvazione del Parlamento. Da una parte è stata così confortata la decisione della BCE e dall’altra riconsegnata al Bundestag la responsabilità per nuovi interventi che dovessero rendersi necessari.

Poco più tardi il Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, è intervenuto davanti al Parlamento europeo per sollecitarendo la ripresa del cammino verso l’integrazione politica e l’effettiva creazione di una federazione degli Stati europei, riproponendo – sulla scia delle recenti dichiarazioni della Merkel – l’esigenza di riformare i Trattati UE, a seguito di un “ampio dibattito politico e democratico”. Questo dopo che la Commissione aveva proposto l’attribuzione di nuovi poteri alla BCE in materia di vigilanza bancaria, un passo importante verso un’Unione bancaria: un’iniziativa per la quale Barroso ha chiesto “la massima priorità in modo che l’autorità di vigilanza europea possa entrare in funzione all’inizio del prossimo anno” e si rompa “il cerchio vizioso tra Stati e banche. In futuro, le perdite delle banche non dovranno più diventare un debito per i cittadini, mettendo a repentaglio la stabilità finanziaria di interi Paesi”. Intanto però la strada dell’unione bancaria si annuncia in salita: la Germania vuole limitare la vigilanza centrale affidata alla BCE solo alle grandi banche, lasciandone fuori il suo importante tessuto di Casse regionali.

Ha completato in serata la serie di buone notizie l’esito delle elezioni politiche olandesi, portatrici di non trascurabili segnali in controtendenza rispetto all’ondata di euroscetticismo cresciuta in questi ultimi anni, da quell’infelice rifiuto del progetto di Costituzione europea nel 2005 fino alla mareggiata di populismo e xenofobia abbattutasi sul Paese dei tulipani in questi ultimi mesi. Il quel clima era maturata la crisi di governo dei mesi scorsi, all’origine delle elezioni anticipate che hanno segnato un arretramento delle posizioni euroscettiche, tanto a destra che a sinistra, e un consenso a due partiti moderati, quello liberale e quello socialista, probabilmente chiamati a governare insieme e a riprendere la strada delle intese europee da parte di un Paese fondatore della prima Comunità europea, vicino politicamente alla Germania. L’esito elettorale olandese, in buona parte inaspettato fino a poche settimane fa, viene letto come uno stimolo per altri Paesi dell’UE alla vigilia di importanti elezioni politiche – Germania e Italia, in particolare – a riannodare, come l’Olanda, con il loro tradizionale impegno europeistico e a coinvolgere i cittadini in un ritorno di consenso verso una nuova Unione Europea, capace di generare crescita e creare occupazione.

Tutto questo prendendo esempio anche dalle misure eccezionali appena adottate dalla Federal Reserve USA (FED) in favore della ripresa economica e del lavoro, con un programma di acquisto di titoli ipotecari per almeno 40 miliardi al mese e l’impegno a mantenere eccezionalmente bassi i tassi a breve almeno fino a metà del 2015.

E tuttavia questi segnali di luce, che hanno fatto brindare le Borse di mezzo mondo, non sono privi di qualche ombra, soprattutto i primi due europei, che sottolineano ancora una volta come decisioni importanti per l’Europa siano delegate ad organi tecnici e giurisdizionali, come la BCE e la Corte costituzionale tedesca, in assenza di una capacità dei politici, eletti dai popoli europei, di assumere iniziative che spettano a loro, favorendo in tal modo supplenze “tecniche” che minano democrazie inquiete e fragili.

Non sarà così che l’Europa verrà liberata dai populismi di destra o di sinistra e riconsegnata a un sano esercizio democratico, condizione essenziale per rilanciare un’Europa dei popoli con i cittadini reali protagonisti.

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