Medio Oriente in evoluzione, tra nuove frontiere e antichi conflitti

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La nuova guerra che si sta consumando tra Israele e Hamas, denominata da Israele “Operazione confine protettivo” non si è fermata, come tutti speravamo, con la proposta di cessate il fuoco presentata dall’Egitto. La tregua è durata poche ore, il tempo di una riflessione da parte di Israele incline ad accettarla e, dall’altra, con l’immediato rifiuto di Hamas e del suo braccio armato, le Brigate Ezzedin al – Qassam che ritengono che la tregua dovrebbe comportare un accordo più ampio, con significative concessioni da parte di Israele, in particolare la riapertura del valico di Rafah tra l’Egitto e la Striscia. Intanto la guerra continua con toni sempre più minacciosi da ambo le parti. La popolazione di Gaza, racchiusa in un territorio dai confini insuperabili, continua a contare le sue vittime, più di duecento e migliaia di feriti, nella difficile ricerca di un riparo dai missili israeliani. Da parte israeliana, continua, nell’inquietudine della popolazione, l’intercettazione e l’abbattimento con l’alta tecnologia degli Iron Dome, dei numerosi razzi provenienti da Gaza.

Se questo è lo scenario dell’ennesima guerra fra Israele e Hamas e se i toni ora sono quelli di una escalation e di un intervento che potrebbe portare l’esercito israeliano nel cuore di Gaza, dove la forza militare di Hamas sembra essersi rafforzata grazie anche al sostegno dell’Iran, allora la situazione potrebbe diventare esplosiva per l’insieme di un Medio Oriente in piena evoluzione e fuori controllo.

Il conflitto si inserisce infatti in un quadro regionale profondamente cambiato da almeno tre anni a questa parte. Le speranze nate dalle Primavere arabe si sono infrante di fronte a nuove ed antiche divisioni confessionali, a tentativi di superamento delle attuali frontiere fra Stati in preda a disintegrazioni sociali e politiche, ad un consolidamento significativo del jihadismo (anche se con forti tensioni e rivalità fra i vari gruppi) e a tentativi di nuovi equilibri regionali di cui il conflitto israelo – palestinese è inevitabilmente parte integrante. Prima di tutto la Siria, nella morsa di una guerra civile che dura da tre anni, il cui esito finale rimane in un’inquietante incertezza dovuto in particolare alla presenza, nelle file dell’opposizione a Bachar el Assad, di gruppi di varia natura jihadista. Inoltre, mentre è sotto tensione il cessate il fuoco con Israele concordato nel 1973 per quanto riguarda le alture del Golan, sono partiti anche dal confine siriano razzi verso Israele, mentre altri sono partiti dal Sud del Libano.

Preoccupante è anche la situazione in Iraq, ormai in completa disgregazione, dove il progetto di Califfato disegnato dallo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, portato avanti con militare e feroce determinazione, non lascia presagire prospettive di stabilità e pace nella regione. Prevede infatti, anche se sembra un progetto irrealizzabile, l’abolizione di frontiere non solo fra Siria e Iraq, ma si estenderebbe ben al di là, toccando Giordania e Libano e, in ultima analisi, anche Palestina e Israele.

Ed infine la posizione dell’Iran, che ha rinsaldato i suoi legami con Hamas fornendo armi e formazione ai miliziani, soprattutto dopo il venir meno del sostegno dell’Egitto con la destituzione del Presidente Morsi. Un Iran che, tuttavia, sta ancora negoziando a Ginevra con la comunità internazionale un accordo sul suo programma nucleare.

E intanto, in questi complicati e intrecciati scenari, la diplomazia tenta ancora di evitare la guerra fra Israele e Hamas. La posta in gioco è altissima e ne va della pace di tutta una regione.

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