Sono ormai trascorsi quasi due anni da quando il partito di destra “Fidesz”, con il Primo Ministro Viktor Orbán, ha vinto le elezioni in Ungheria e siede in Parlamento con più dei due terzi dei seggi. Da allora, con le molteplici iniziative del Governo, il Paese si sta allontanando dal percorso della democrazia e si avvicina sempre più pericolosamente ad un regime autoritario, i cui ingredienti principali ricordano i peggiori nazionalismi e populismi.
Sotto prudente osservazione dell’Unione Europea per quanto riguarda la revisione della Costituzione, le nuove leggi sui media e la riforma del sistema giudiziario, l’attenzione è diventata molto più concreta e inquieta, a metà dicembre, con la riforma della Banca centrale ungherese, iscritta nella Costituzione, tanto da interrompere un negoziato tra Governo, Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale per un prestito di circa 20 miliardi di Euro. In gioco con la riforma adottata, è l’indipendenza stessa della Banca centrale ungherese. Due leggi permettono infatti al Governo, da una parte di aumentare e quindi di aumentare il numero dei membri al consiglio della Banca centrale, e dall’altra di porre sotto sorveglianza il ruolo del Presidente della Banca centrale. Due aspetti che sono notoriamente in contraddizione con lo spirito del Trattato di Maastricht in materia e fortemente difeso dalla Banca centrale europea. Inflessibile su questi aspetti, Orban difende vigorosamente l’ ”indipendenza” del suo paese con i toni populisti che lo hanno portato al potere. La domanda spontanea è quella di sapere quali misure la Commissione Europea, metterà in campo di fronte ad una tale evidente violazione dei Trattati da parte di uno Stato membro.
Ma la riforma della Banca centrale è solo uno degli aspetti delle inquietanti riforme che il Governo Orbán sta portando avanti. È entrata in vigore il primo gennaio 2012 la nuova Costituzione, adottata nell’aprile scorso con i soli voti del partito di maggioranza. Una Costituzione che nega apertamente quei valori democratici e fondamentali su cui poggia l’Unione Europea e si allontana dai valori costitutivi dello stato di diritto. Non identifica più lo Stato come Repubblica ma identifica la nazione politica come nazione etnica e con radici cristiane, ignorando i diritti di tutte le minoranze presenti, di qualsiasi natura esse siano. Inoltre, la nuova Costituzione stravolge l’equilibrio e l’ assetto istituzionale del Paese, conferendo maggiori poteri all’esecutivo: introduce una forte limitazione dell’indipendenza della Corte Costituzionale, della Corte dei Conti e, come già detto, della Banca centrale. Anche l’indipendenza della magistratura è duramente rimessa in discussione, visto che la nomina di nuovi magistrati dipenderà dal Ministero della Giustizia.
Già a fine 2010, anche l’ informazione e i media sono stati oggetto di leggi che ne limitano pesantemente la libertà: sanzioni per gli organi di informazione nel caso di violazione dell’interesse pubblico; i giornalisti sono chiamati a rivelare le loro fonti per garantire la sicurezza nazionale; istituzione di vere e proprie autorità investigative e censorie.
Questa è, allo stato attuale, la via sulla quale si è pericolosamente incamminata l’Ungheria. Una situazione che, a livello internazionale, desta preoccupazioni ovunque. Anche se ormai l’opposizione è ridotta al silenzio, molti ungheresi sono scesi in piazza prima di Natale, per manifestare contro una deriva inaccettabile e contro l’ ultimo attacco alla democrazia: il voto in Parlamento sulla riforma del sistema elettorale. Le elezioni legislative in Ungheria sono previste per il 2014, ma Orbán non esclude uno scrutinio anticipato. La nuova legge elettorale adottata dal Parlamento permetterà al suo partito di occupare i tre quarti dei seggi con solo il 25% dei voti.
E’ estremamente importante che l’Unione Europea reagisca al più presto a tale situazione. E non solo per quanto riguarda gli aspetti economici e finanziari legati all’indipendenza della Banca centrale ungherese, ma anche e soprattutto per salvaguardare la democrazia, lo stato di diritto e le libertà fondamentali non solo in uno dei suoi Paesi membri ma nell’intera Europa. Il Parlamento europeo ha espresso da tempo la sua preoccupazione al riguardo. Richiamando il ruolo della Commissione Europea in quanto guardiana dei Trattati, il Parlamento invita a questo punto a considerare l’opportunità di applicare, per la prima volta, l’articolo 7 del Trattato di Lisbona, cui si ricorre quando sono violati i principi fondanti dell’Unione Europea. E l’Ungheria lo ha già ampiamente fatto.
La Commissione Europea ha preso una prima iniziativa il 17 gennaio con l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Ungheria, riferendosi in particolare alle varie leggi che concentrano considerevolmente i poteri nelle mani del Governo. Il Governo ungherese dispone ora di un mese di tempo per rispondere alla Commissione, e, senza una retromarcia per ripristinare l’indipendenza della Banca centrale e del sistema giudiziario in particolare, l’Ungheria potrebbe essere deferita davanti alla Corte di Giustizia dell’UE ed essere condannata.
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