Libera circolazione: verso la fine delle deroghe

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Il primo maggio 2011 segnerà   la fine delle deroghe alla libera circolazione per i lavoratori provenienti dagli otto Paesi dell’ex blocco sovietico (Slovenia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Estonia, Lettonia, Lituania). Ciಠnon determinerà  , secondo la Commissione, afflussi massicci di lavoratori in quanto coloro che volevano partire per lavorare in uno dei Paesi dell’UE-15 lo hanno già   fatto con effetti positivi sia sulla crescita dei Paesi ospitanti sia sui mercati del lavoro.
«L’eliminazione di questi ultimi ostacoli alla libera circolazione è una grande opportunità   sia per gli otto Paesi di provenienza sia per tutta l’UE. La mobilità   è uno dei motori essenziali dell’occupazione e in Paesi come Austria e Germania contribuirà   ad attenuare la mancanza di manodopera in determinati settori». Così ha commentato l’imminente fine delle restrizioni il commissario per l’Occupazione, gli affari sociali e l’inclusione Là ¡szlà ³ Andor.
La possibilità   di applicare deroghe al principio della libera circolazione dei lavoratori era stata inserita nei Trattati di adesione siglati nel 2003 per rispondere a un’istanza dei Quindici, preoccupati dalla possibile «invasione» di lavoratori provenienti dai nuovi Stati membri e dalle conseguenti perturbazioni dei mercati del lavoro nazionali.
Il periodo massimo di applicazione delle deroghe era di sette anni durante i quali, comunque, tutti gli Stati membri avrebbero dovuto impegnarsi per una loro progressiva eliminazione: soltanto Austria e Germania hanno mantenuto le deroghe sino allo scadere dei sette anni.
I dati forniti dalla Commissione Europea (si vedano i Rapporti del 2006 e del 2008) hanno dimostrato che l’afflusso di lavoratori dai nuovi Paesi è stato quantitativamente contenuto (si parla di una quota pari allo 0,6% della popolazione totale, valore raggiunto nel 2010 e decisamente inferiore alla quota di lavoratori provenienti dai Paesi terzi, pari al 5% della popolazione totale) e foriero di effetti positivi per le economie e per i mercati del lavoro degli Stati di accoglienza in cui la presenza dei «nuovi» lavoratori ha contribuito al mantenimento della crescita e non ha determinato nà© aumenti della disoccupazione nà© riduzioni dei salari, contribuendo, invece, a contrastare il lavoro nero.
Secondo le attuali stime i lavoratori provenienti dagli 8 Paesi entrati nell’UE nel 2004 che risiederanno nell’UE-15 saranno poco più di 3 milioni nel 2015 (pari allo 0,8% del totale della popolazione) e poco meno di 4 milioni nel 2020 (circa l’1% della popolazione totale).

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