Lenta ripresa del mercato del lavoro europeo

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Secondo la «EU Employment and Social Situation Quarterly review» realizzata dalla Commissione Europea, il mercato del lavoro europeo sta facendo registrare una ripresa lenta e non uniforme nei ventisette Stati membri.
Il persistere dell’incertezza sulla situazione economica e fiscale determina un aumento della disoccupazione in alcuni Stati membri e, in generale, una crescita occupazionale molto più lenta e contenuta rispetto alla crescita della ricchezza prodotta.
La crescita dell’occupazione, che riguarda soprattutto gli Stati membri che già   hanno un tasso di disoccupazione più basso della media europea, è dovuta esclusivamente all’aumento dei contratti part time e temporanei; i lavoratori più colpiti dalla crisi sono quelli a basso reddito impiegati nel settore manifatturiero, mentre le opportunità   occupazionali nei settori maggiormente remunerativi (ad esempio i servizi ad alta intensità   di conoscenza) hanno continuato ad aumentare.
Dai dati relativi al tasso di disoccupazione non emerge un fortissimo differenziale di genere anche se gli uomini sono stati più colpiti delle donne dalla crisi e dalle conseguenti perdite occupazionali, come detto più nette in settori di lavoro prevalentemente maschili.
La situazione dei giovani sembra essere migliorata in alcuni momenti anche se l’impatto della crisi è molto forte: la disoccupazione resta una delle sfide più importanti per le istituzioni nazionali e comunitarie insieme al rischio della disoccupazione di lungo periodo, fenomeno che nell’ultimo trimestre 2010 ha riguardato il 6% dei giovani.
Duramente provati dalla crisi sono anche i lavoratori migranti e quelli poco qualificati, con tassi di disoccupazione che sono rispettivamente del 15% e del 20% e con un aumento sia pure minimo dei contratti a lungo termine per entrambi i gruppi.
Per la prima volta dal 2008 la produttività   del lavoro ha ripreso a crescere in quasi tutti i Paesi membri e così pure la domanda di forza lavoro, ma la situazione resta fortemente segnata dall’incertezza con molte «ristrutturazioni aziendali» che mantengono elevato il numero delle perdite occupazionali, anche se il divario tra posti di lavoro persi e nuovi contratti si sta progressivamente riducendo.

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